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Sindaci pensate a pulire le città prima di raddoppiarvi la paga

Francesco Storace
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Sindaci meglio dei sindacalisti. Perché non ci sarà mai una sola categoria in grado di raddoppiare i propri proventi nel giro di un triennio. Un «contratto» su misura per la politica nel momento più sbagliato che possa esserci. E passa il di più – e tanto – ai primi cittadini quasi senza colpo ferire. In fondo se lo meritano, sembrano pensare i columnist che al tema non hanno dedicato neppure una riga. Nessuno pensa che il lavoro politico non debba essere retribuito anche nel territorio, ma esiste anche il dovere dell’opportunità da rispettare. Aumentare ora gli stipendi dei sindaci – e che razza di aumenti, basta leggere quanto scrive Daniele Di Mario sul nostro giornale – qualche problema lo provoca. Proprio perché non è questo il tempo giusto per simili blitz con la legge di bilancio.

Se fossimo in vena di battute potremmo constatare che crescono le retribuzioni, anche se solo quelle loro. E magari potevano evitare la coincidenza con lo stato di emergenza che rende tutto più difficile da digerire. Anche perché – e lo diciamo con l’affetto che meritano proprio i sindaci – poi si scatena la rabbia di chi non ce la fa più. Mi è capitato di leggere su twitter un messaggio come questo: «Hanno iniziato a spartirsi i 209 miliardi raddoppiando gli stipendi ai sindaci e consiglieri comunali e adesso aspettiamo la prossima miglioria dei loro privilegi! Ma il problema è il reddito di cittadinanza per chi non ha da mangiare!». Non c’entra nulla ovviamente il Pnrr con i famosi 209 miliardi. E neppure il reddito di cittadinanza se non altro perché i sindaci non poltriscono sui divani. Ma il solo affacciarsi del tema stipendi legati alla politica non lascia indifferente chi legge. Anche perché nel frattempo si mandano – beffa delle beffe – i consiglieri comunali a votare per le province che hanno ben poco da fare. Ma ci sono altri paradossi che rendono complicato capire che razza di provvedimento si è deciso di adottare. La musica che l’orchestra di governo mette in scena costerà 220 milioni annui a fine triennio o bisognerà calcolare anche gli automatismi che legano in percentuale gli emolumenti dei consiglieri comunali ai loro sindaci? I municipi sono ottomila, rendiamoci conto che razza di cassaforte bisogna detenere.

Il presidente Mario Draghi è cittadino di Roma. E sicuramente dalla sua auto blindata gli capiterà di incrociare con lo sguardo la Grande Monnezza della Capitale. È sicuro il premier che i suoi concittadini faranno i salti di gioia quando sapranno dei tredicimila euro (lordi) a cui arriverà lo stipendio di Roberto Gualtieri mentre la città soffre quest’altra emergenza? E i circa 4000 euro dei consiglieri comunali saranno un’indennità o un vero e proprio stipendio per qualche migliaio di preferenze accumulate in una città di tre milioni di abitanti, metà dei quali non hanno neppure votato?

Può diventare un mestiere remunerato sedere nell’Aula di Giulio Cesare? E proprio di questi tempi...Lo scatto stipendiale sarà pieno per i sindaci delle città metropolitane (Roma, Torino, Milano, Venezia, Genova, Bologna, Firenze, Bari, Napoli e Reggio Calabria). A Campobasso, capoluogo di regione con meno di cinquantamila abitanti, il sindaco guadagnerà più di quello di Anzio, che li supera. Ma come le hanno scritte queste norme? Altra «curiosità» che fa impazzire. Ci hanno riempito la testa con il taglio dei parlamentari: i grillini parlavano di un «risparmio» di cento milioni l’anno dal momento del rinnovo delle Camere, altri lo riducono a 50 milioni. Ma se spendiamo meno per il Parlamento, perché spendiamo di più per i Comuni? Non immaginate che qualcuno vi ponga la domanda a cui bisognerà saper rispondere? Certo, nessuno potrà mai accusarci di essere contro la politica, ma il rischio è sia considerato contro la politica chi fa di queste cose.

Conosciamo la litania: ma un consigliere comunale fa tante cose. Le fanno anche i parlamentari. Davvero si vuole arrivare quasi al parallelismo tra le due funzioni rappresentative? La riflessione dovrebbe essere obbligatoria proprio per chi la politica la rispetta. Siamo nel momento più drammatico della nostra storia recente, un intero popolo è «distratto» da continue vaccinazioni e si informa più sulla salute che sui destini degli eletti negli enti locali. Altri cittadini si prendono pure manganellate perché non gradiscono il siero. E in Parlamento che fanno? Approvano gli aumenti degli stipendi dei sindaci. Adesso, appunto. Ma state buoni e aspettate almeno il tempo giusto. Se l’onda lunga anticasta si è fermata non è un motivo per approfittarne spudoratamente.

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