stelle cadenti

Giuseppe Conte s’attacca al Superbonus. E ora nel M5S fanno la guerra a Mario Draghi

Gaetano Mineo

Adesso i Cinquestelle s’aggrappano al Superbonus 110%. D’altronde, vedendo franare, a poco a poco, il Reddito di cittadinanza che continua a fare acqua da tutte le parti - al netto dei furbetti - i pentastellati ora non intendono ammainare un’altra bandiera. E così si mettono di traverso rispetto alla misura che incentiva le ristrutturazioni edilizie licenziata dal governo. Per il partito di Giuseppe Conte, sono due i punti su cui intervenire: la soglia Isee a 25 mila euro e «i controlli previsti dal decreto voluto dal presidente Draghi e dal ministro Franco», come sostengono i deputati del M5S, Riccardo Fraccaro, Luca Sut e Patrizia Terzoni. Già, perché per i pentastellati, la stretta del premier appare un po’ troppa. E dire che parliamo di non sperperare il denaro pubblico come avviene con i furbetti del Rdc. E ciò in barba anche al richiamo dell’Agenzia delle Entrate, secondo cui i vari bonus hanno generato in un solo anno frodi per 850 milioni di euro. Ma per i pentastellati, invece, «è in arrivo una fitta selva di controlli che di fatto disincentiva in modo piuttosto esplicito l’agevolazione». Di conseguenza, il Movimento 5 Stelle ha già presentato un emendamento in Senato, contenente correttivi «profondi» al Superbonus 110%.

 

  

 

«La logica dell’Isee a nostro avviso va del tutto superata e i passaggi burocratici sono da sfoltire e ridurre al minimo», continuano a ribadire i deputati 5stelle che non mancano di sferrare un colpo basso al premier. «Anche la tesi, secondo alcuni media avallata dal presidente Draghi, di una presunta correlazione tra il Superbonus e l’aumento dei prezzi delle materie prime è priva di fondamento», puntellano Fraccaro, Sut e Terzoni. Intanto, la stima contenuta nella relazione tecnica che accompagna la legge di bilancio parla di un costo del Superbonus al 110% di circa 14 miliardi dal 2022 al 2037. Il costo stimato per gli interventi sulle villette unifamiliari con tetto Isee a 25 mila euro, per le spese sostenute entro il 31 dicembre 2022, è invece di 795 milioni, per le case di edilizia popolare è di 96 milioni, mentre per i condomini e le persone fisiche circa 13,2 miliardi di euro.

 

 

Altra spinosa questione sono le pensioni. Martedì prossimo Draghi, in merito, vedrà i sindacati a Palazzo Chigi dopo le proteste e la minaccia di scioperi e mobilitazioni. Quota 102 ancora tiene banco. Una stima evidenzia che nel 2022 sono 16.800 le persone che andranno in pensione con la formula 102, ovvero con 64 di età e 38 di contributi. In pratica, per i tecnici, le nuove pensioni l’anno prossimo saranno 16.800 e quantificano un costo di 175,7 milioni di euro per il 2022 che andrà via via esaurendosi nel 2026, con un picco di 679,3 milioni nel 2023. L’assegno medio per la platea dei potenziali lavoratori in uscita è di 26.000 euro. Poi c’è la formula Opzione donna. Anche in questo caso, la relazione tecnica di Palazzo Chigi parla di 29.500 lavoratrici che maturano i requisiti anagrafici e contributivi minimi dal primo gennaio al 31 dicembre 2021 per accedere a Opzione donna, per l’appunto, che consente di andare in pensione con 58 anni di età (59 per le autonome) e almeno 35 anni di contributi. Nel dettaglio, a maturare i requisiti quest’anno sono 17.000 lavoratrici dipendenti del settore privato, 5.000 statali e 7.500 lavoratrici autonome. L’importo medio dell’assegno mensile è stimato in 1.100 euro per una lavoratrice del settore privato, 1.250 euro per le dipendenti del settore pubblico e 810 euro per le autonome.