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Il centrodestra fa fronte comune sulla legge elettorale: "No al sistema proporzionale"

Nadia Pietrafitta
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Il centrodestra prova a blindarsi e, per farlo, sigla un patto sulla legge elettorale. Intendiamo «continuare a lavorare come coalizione» mettono nero su bianco al termine della riunione a villa Grande il padrone di casa Silvio Berlusconi, Matteo Salvini e Giorgia Meloni, confermando «conseguentemente» la propria «indisponibilità» a sostenere un cambiamento del Rosatellum in senso proporzionale. Proporzionale «significa il caos, noi vogliamo un sistema che la sera del voto ti dice chi governa, chi ha vinto e chi ha perso, quindi un maggioritario - mette in chiaro Salvini - A noi va benissimo l’attuale legge, se qualcuno a sinistra vuole modificarla, noi possiamo ragionare ma di una legge ancora più maggioritaria». Nei capannelli in Transatlantico la posizione del centrodestra non arriva inaspettata e i ragionamenti sulle future «regole del gioco» proseguono. Per gli addetti ai lavori «l’unica» possibilità per modificare la legge elettorale attualmente in vigore sarebbe quella di intervenire sul Rosatellum eliminando i collegi e inserendo un premio di maggioranza. «Questo - viene riferito - consentirebbe alle varie forze politiche di evitare di sedersi a un tavolo prima del voto per dividere i collegi all’interno della coalizione, cosa che non vuole fare nessuno».

 

 

Calano vertiginosamente, invece, le quotazioni per una legge di impianto proporzionale con una soglia di sbarramento al 5%. «L’unica chance è che la Lega esca dal governo e FI sostenga poi la nuova legge, tenendosi mani libere», è il ragionamento. È sulla possibile spaccatura del centrodestra che punta Base riformista, l’area del Pd guidata da Lorenzo Guerini e Luca Lotti. C’è «la necessità di riflettere sull’opportunità di una legge elettorale di impianto proporzionale: una legge - filtra da una riunione di corrente all’indomani dei ballottaggi - che unisca le ragioni della governabilità a quelle della rappresentanza e che - è la sottolineatura- favorisca la scomposizione di un centrodestra diviso tra europeisti e sovranisti». «Fino a quando saranno coperte le carte in vista dell’elezione per il Quirinale questa opzione non è sul tavolo - è il refrain nei palazzi - ma poi Silvio Berlusconi potrebbe aprire un’altra partita». Il nodo, viene ripetuto, «è il futuro di Mario Draghi. Se decide o meno di andare al Colle la partita cambia».

 

 

Non sono in pochi a puntare su FI. «Il centrodestra ha ancora qualche mese per riflettere sulla legge elettorale, le note congiunte siglate ad ottobre si superano. Nei primi mesi del prossimo anno - dice sibillino il Dem Andrea Marcucci - sarà ancora più chiaro a tutti, che andare a votare con il Rosatellum in presenza del taglio di parlamentari operato dalla riforma, sarebbe un rischio per la democrazia. Un accordo istituzionale su un proporzionale alla tedesca è una soluzione ragionevole per tutti i partiti». E se per il Nazareno, almeno o ufficialmente, il dossier è ancora «tutto da aprire», Carlo Calenda prova a provocare l’ala moderata di FI, in pieno subbuglio: «Dal comunicato del centro destra si evince che Forza italia, contrariamente al suo posizionamento europeo, continuerà a seguire i partiti sovranisti. Gli elettori popolari e liberali che credono nell’Europa e nella democrazia liberale - scrive su Twitter il leader di Azione - dovranno trovare una nuova casa».

 

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