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Tra Draghi e Putin c'è un problema atomico

Luigi Bisignani
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Caro direttore, «Ignitor»: questo il nome del problema atomico di Draghi con Putin. Una questione che rischia di far slittare ancora il tanto agognato G20 straordinario sull’Afghanistan che sta consumando ogni energia di Super Mario.
Il premier, nel campo della politica internazionale infatti non si trova a proprio agio, tuttavia la vicenda «Ignitor», che ha scatenato i risentimenti verso l’Italia di tutto il mondo sovietico della scienza -che in Russia conta davvero- ora rischia di far scoppiare una nuova diaspora diplomatica. Sul piano della realpolitik dove si misurano i rapporti di forza punto e basta, il discorso è chiarissimo. I Paesi maggiormente interessati alla crisi Afghana (Russia, Cina, Pakistan, Tajikistan) si sono incontrati e coordinati subito dopo la caduta di Kabul in seno all’organizzazione regionale di sicurezza già esistente e non hanno alcun interesse a questo G20. Al centro dell’«affaire» Ignitor invece l’Eni di Claudio Descalzi.

Nei giorni scorsi, il «Cane a sei zampe» ha annunciato di aver condotto, con successo, assieme a Cfs e al Mit di Boston, il primo test di un super magnete che dovrebbe gestire la fusione nucleare di deuterio e trizio a confinamento magnetico, in grado, in sostanza, di contenere l’effetto di un potentissimo fenomeno termonucleare. Tutto splendido se non fosse per la grave estromissione dei russi che è stata presa come un affronto. «Ignitor» nasce dall’intuizione di uno dei più grandi fisici italiani, il professor Bruno Coppi, che ha portato avanti questi studi con il supporto decisivo del governo italiano in stretta collaborazione con le massime autorità scientifiche e politiche della Russia. Per non parlare dell’impegno di due grandi fisici come Nicolò D’Amico e Giovanni Bignami che si staranno rivoltando nella tomba. Il progetto, sovrapponibile né più né meno a quello annunciato dall’Eni nei giorni scorsi, è stato uno dei successi del governo Berlusconi, che lo fece addirittura approvare dal Cipe, grazie al prezioso lavoro dell’allora Ministro Maria Stella Gelmini, la quale in missione a Mosca aveva incontrato il gotha dei fisici sovietici, da M. V. Kovalchuk a Velikof Eugene e tutti quelli riuniti al Joint Institute for Nuclear Research. Intesa celebrata nei saloni della Rappresentanza a Mosca in Denezhnij Pereulok, in prossimità di uno dei quartieri storici della capitale dall’ambasciatore Antonio Zanardi Landi.

«Ignitor» fu persino oggetto di un protocollo speciale firmato a Villa Gernetto in Brianza, nel 2010, da Berlusconi e Putin in un vertice dedicato proprio alla collaborazione nel campo energetico che segnava anche una triangolazione importante tra Usa e Russia sotto la regia dell’Italia con la benedizione delle rispettive «intelligence» Cia, Gru e Aise. Da qualche giorno, il disagio dei fisici italiani e di molte istituzioni governative che hanno lavorato al progetto così come le rimostranze russe, sono sul tavolo del capo del Governo che sta cercando di capire come mai questa iniziativa triangolare abbia preso poi un’altra strada, tagliando fuori proprio Mosca. Certamente non può essere frutto del noto filoatlantismo di Draghi, il quale probabilmente non ne sapeva nulla, travolto com’è dai vaccini e dai fondi del Pnrr in lista d’attesa per essere spesi. Anche perché, in verità, ha molto bisogno di recuperare con Putin se vuole averlo, quanto meno in streaming, nel G20. Ma a Mosca, oltre all’affronto su Ignitor, ricordano ancora con disagio le dure parole di Draghi a commento delle sanzioni europee contro la Bielorussia di Alexander Lukashenko, grande amico dello zar Vladimir: «Il livello delle interferenze russe sia con le spie che sul web è diventato allarmante». Ed anche le esternazioni contro il «dittatore» turco Erdogan su cui ci ha messo una pezza definitiva il ministro degli Esteri Luigi di Maio incontrando riservatamente a New York, a margine dell’assemblea generale dell’Onu, il suo collega di Ankara.

Inoltre, non si riesce ancora a comprendere come mai l’Eni, che prospera comprando miliardi di metri cubi di gas metano dalla Russia, possa aver fatto una tale gaffe relazionale. Forse l’annuncio urbi et orbi del nuovo super magnete per la fusione nucleare voleva far passare in secondo piano alcune criticità del gruppo di San Donato, ormai in costante inseguimento dell’Enel di Francesco Starace su tutti i fronti delle energie alternative, dal fotovoltaico, alle pale eoliche passando per l’eolico marino. Questa volta, per riallacciare con Putin, a Super Mario farebbe comodo qualche dritta di Berlusconi; il professor Giavazzi, così prodigo di consigli con tutti, dovrebbe ricordargli che Vladimir andò persino a trovare il suo amico Silvio a domicilio quando era confinato ai servizi sociali e, in un clima più che familiare, si mise addirittura a tirare la pallina a Dudu. Questa volta a Draghi, al posto del solito fuoco, toccherà usare il miele per ricucire i rapporti con l’orso russo.

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