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Sul Green pass da Lega e FdI una lezione di buona politica a Pd e Cinque stelle

Francesco Storace
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Comunque vada sarà una critica, una polemica, una corrida. Matteo Salvini ormai l’ha messo nel conto e va dritto come un carro armato. I suoi deputati dovevano dire no al green pass e lo hanno fatto. Perché le modalità di utilizzo di questo strumento sono davvero incomprensibili. Bisognava impedire che il governo negasse al Parlamento il diritto alla discussione con l’imposizione della fiducia sul decreto, e Salvini ha ottenuto da Mario Draghi quello che aveva chiesto.

La Lega è stata così libera di votare  - avendo acconsentito alla richiesta di ritirare i propri emendamenti – di votare le proposte rimaste in discussione e votazione, a partire da quelle di Fratelli d’Italia più vicine alle posizione sostenute da Salvini in queste settimane. Oltre che di sostenere i propri ordini del giorno nei quali aveva trasformato le proprio proposte emendative.

Tutto assolutamente democratico, come si sovviene in un Parlamento libero e sovrano dove la discussione non è negata. Ma il Pd e i Cinque stelle – ormai un partito unico senza il coraggio di dichiararlo – pretendevano la fiducia sul green pass oppure il silenzio dei deputati della Lega. Non hanno ottenuto né l’uno né l’altro. Forse proprio perché ha ragione Goffredo Bettini, questo non è il loro governo. Dice il solito cacadubbi sulla rete: ma il green pass è passato lo stesso. Certo, ma non bisogna mai dimenticare che i deputati della Lega sono il 18 per cento della Camera e quelli di Fdi il 5, numeri che discendono dalle elezioni del lontanissimo 201 e non dai sondaggi. Ma c’era una posizione politica da affermare, anche se minoritaria nel Palazzo. E questo si chiama politica. Buona politica.

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