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Stipendi più alti al Garante della Privacy: nel decreto spunta l'aumento per Authority e dipendenti

Dario Martini
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Il governo prepara il blitz al Garante della Privacy. Stipendi più alti per tutto il personale, a partire dai vertici dell’Authority che si occupa della protezione dei dati personali. La norma ad hoc è nascosta nella bozza del decreto Draghi-Giovannini per l’ammodernamento delle infrastrutture del Paese. Un provvedimento necessario ad intercettare al meglio la pioggia di miliardi in arrivo dal Pnrr europeo.

Il titolo del decreto è chiaro: «Disposizioni urgenti in materia di investimenti e sicurezza delle infrastrutture, dei trasporti e della circolazione stradale, per la funzionalità del Ministero delle infrastrutture e della mobilità sostenibili, del Consiglio superiore dei lavori pubblici e di ANSFISA». Quest’ultima è l’Agenzia Nazionale per la Sicurezza delle Ferrovie. Gli obiettivi sono indicati nelle prime pagine del provvedimento, quando si ricorda la «straordinaria necessità e urgenza di adottare disposizioni finalizzate a favorire la realizzazione di investimenti volti a migliorare la mobilità tra le diverse regioni e a ridurre il divario infrastrutturale esistente». È in questo contesto che spunta la norma "cucita su misura" sull’Authority che ha il compito di salvaguardare i dati personali degli italiani. È contenuta nell’articolo 10 del decreto. Già dal titolo, «Proposta Garante Privacy», capiamo che l’aumento degli stipendi è un’esplicita richiesta che arriva direttamente dall’Authority guidata dal professor Pasquale Stanzione. Il presidente è affiancato da altri tre componenti del Collegio che si trova al vertice dell’organismo: la vicepresidente Ginevra Ferrina Ceroni, Agostino Ghiglia e Guido Scorza. Stanzione ha uno stipendio di 240mila euro lordi l’anno, pari a quello del presidente della Repubblica, tetto massimo previsto per legge. Gli altri componenti, invece, prendono 160mila euro a testa. Queste cifre sono pubbliche e consultabili nella sezione «trasparenza» del Garante stesso. Probabilmente, devono aver pensato che fosse troppo poco. Il comma 1 dell’art. 10, infatti, stabilisce che anche i tre componenti del Collegio percepiscano, come il presidente Stanzione, «un’indennità di funzione pari alla retribuzione in godimento al primo Presidente della Corte di Cassazione, nei limiti previsti dalla legge per il trattamento economico annuo omnicomprensivo di chiunque riceva a carico delle finanze pubbliche emolumenti o retribuzioni nell’ambito di rapporti di lavoro dipendente o autonomo con pubbliche amministrazioni statali». Lo stipendio del primo presidente di Cassazione è di 311mila euro, ma «i limiti previsti dalla legge» fanno sì che il tetto massimo scenda, appunto, a 240mila euro. In questo modo, i tre componenti del Collegio vedono lievitare la loro retribuzione da 160 a 240mila euro.

Non è finita qui. L’art. 10 prevede anche l’aumento del 25% della retribuzione per tutto il resto del personale alle dipendenze del Garante: 131 a tempo indeterminato e 3 a tempo determinato (la pianta organica ne prevederebbe addirittura di più: 182). Attualmente a dirigenti, funzionari e impiegati è «attribuito l’80% del trattamento economico del personale dell’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni (Agcom, ndr)». Bene, ora questo limite dell’80% viene cancellato con un semplice tratto di penna. Se il decreto verrà approvato in questa versione, il personale guadagnerà il 100% delle retribuzioni previste all’Agcom. Quanto peserà tutto ciò sulle casse dello Stato? Anche questo è messo nero su bianco: 4,7 milioni di euro annui a partire dal 2021.

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