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Dieci anni fa la lettera di Trichet sull'austerity. Ma i problemi non sono stati risolti

Angelo De Mattia
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Con un intervento sul Corsera il sen. Mario Monti ha ricostruito, nell'imminenza dell’anniversario odierno, le ragioni e i limiti della lettera del 5 agosto 2011 con la quale il Presidente della Bce, Jean Claude Trichet ,e il Governatore della Banca d'Italia, Mario Draghi, designato successore di Trichet a partire dal novembre dello stesso anno, imponevano rigoristiche condizioni economiche e finanziarie all'Italia come condizione per continuare, da parte della Bce, ad acquistare titoli pubblici del nostro Paese. Il commento mantiene un suo equilibrio perché, da un lato, sostiene che la vicenda insegna a doversi mettere (da parte dell’Italia) nelle condizioni per non rendersi dipendenti dagli aiuti altrui, dall’altro, a evitare gli eccessi di restrizioni (da parte dell’Unione), ma anche gli eccessi di condiscendenza ( la flessibilità accordata dalla Commissione Ue ad alcuni Paesi fra i quali l'Italia). Allora vi si stava avviando verso gli spread Btp-Bund di oltre 500 punti base. Di qui l’iniziativa dei due esponenti che, però, andrebbe riguardata anche sotto il profilo costituzionale e istituzionale.

 

 

Se il Trattato Ue vieta ai Governi di dare direttive e indicazioni alla Bce e a tutti gli Istituti del Sistema europeo di banche centrali e vieta altresì il finanziamento monetario degli Stati, un corrispondente divieto dovrebbe sussistere anche per le eventuali direttive e condizioni adottate e «imposte» dalle banche centrali ai Governi. Si dirà che ciò che è avvenuto formalmente, sarebbe potuto accadere senza alcuna formalizzazione con la Bce che, a un certo punto, si sarebbe astenuta dall’acquisto di titoli. Ma di qui a inoltrare al Governo italiano una lettera - tradotta dall’attuale Ministro dell’economia, Daniele Franco, allora alto dirigente della Banca d’Italia - che imponeva un vero e proprio programma di Governo extra-istituzionale ce ne passa molto. La rappresentanza politica,la formazione della democrazia rappresentativa saltavano. Era il Tesoriere che diceva al Re «io non di presto più denari». La legittimazione democratica cedeva il passo a un soggetto non legittimato dal consenso popolare. Ricordo ai non pochi che lo hanno dimenticato che, quando a metà degli anni novanta del Novecento, gli spread Btp-Bund - che allora pochi seguivano, mentre il resto non ne era neppure a conoscenza - si stavano incamminando oltre gli 800 punti base, l’azione della politica monetaria, allora tutta nella disponibilità della Banca d’Italia - Governatore Antonio Fazio - che stroncò l'inflazione e le relative aspettative, riportò i differenziali verso i 200 punti e poi al disotto di tale livello. Agì soltanto il governo della moneta. Ciò che avvenne in quel 5 agosto presenta aspetti di anomalia, quasi uno «sbrego» istituzionale se non costituzionale e, comunque, sollecita a chiarire definitivamente i rapporti tra Banca centrale e Governi, soprattutto ora quando sovente si parla di definire una relazione tra politica monetaria e «fiscal policy».

 

 

Torna in causa il mandato della Bce, limitato al solo mantenimento della stabilità dei prezzi, mentre sarebbe necessario che, sullo stesso livello di questa missione, vi fosse l’altra, la tutela dell’occupazione e il concorso allo sviluppo dell’economia, a somiglianza della «mission» della Federal Reserve. I problemi aperti dalla missiva del 5 agosto sono, dunque, tuttora irrisolti, nonostante che i Governi abbiano cercato di allinearsi ai «diktat» di Francoforte-Roma e che, successivamente, con la presidenza Draghi e con quella della Lagarde, le strategie e l’operatività della Bce siano completamente innovate. La stessa ormai famosa dichiarazione londinese di Draghi del luglio del 2012 sulla difesa dell’euro a ogni costo pone problemi di altro tipo ( quasi l'opposto) riguardanti il fatto che essa fu preceduta da un Consiglio europeo che era favorevole all’acquisto di titoli pubblici da parte della Bce con operazioni monetarie non convenzìonali e che queste ultime, in particolare il «quantitative easing», erano da tempo praticate negli Usa e in Inghilterra. È bene ricordare in questa giornata tali vicende che inducono a un necessario realismo, facendo i conti con i duri fatti e abbandonando gli osanna ai presunti uomini della Provvidenza.

 

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