accuse reciproche

Ufficiale, ddl Zan a fine corsa. Pietra tombale sulla legge, volano gli stracci

Luigi Frasca

La legge contro l'omotransfobia slitta a settembre. E all'orizzonte non si profila nessuna ipotesi di accordo nella maggioranza per approvare il testo del ddl Zan così come licenziato dalla Camera. Anzi, le divisioni che hanno spaccato le forze di governo negli ultimi mesi continuano a dividere gli ex giallorossi non solo da Lega e Forza Italia, ma soprattutto da Italia viva: è con i renziani infatti che va in scena l'ultimo scontro prima della pausa estiva dei lavori del Senato. Nei giorni scorsi il capogruppo di Iv a palazzo Madama, Davide Faraone, aveva preannunciato che nella Conferenza dei capigruppo, convocata per ieri, avrebbe posto la questione del prosieguo dell'esame del ddl Zan da parte dell'Aula, esame «congelato» dopo la bocciatura delle pregiudiziali e delle sospensive, per poi dare la priorità ai decreti in scadenza. Almeno questa la versione ufficiale. In realtà, l'assenza di un'intesa e i numeri risicatissimi al Senato (dove Lega, Forza Italia e Iv mirano a cambiare il ddl, eliminando dal testo i riferimenti all'identità di genere) non offrivano garanzie a Pd, M5s e Leu di incassare il via libera definitivo senza modifiche. Anche a causa dell'incognita sull'esito del voto, tanto più di fronte al rischio di diversi scrutini segreti, nessuna forza politica è tornata in queste settimane a spingere affinché il ddl tornasse in Aula in tempi stretti. Al termine della riunione dei capigruppo di ieri Italia viva fa sapere che Pd, M5s e Leu non hanno appoggiato la richiesta renziana di riprenderne l'esame.

 

  

 

«Da oggi i diritti sono ufficialmente in vacanza: la proposta di Iv di cercare l'intesa e portare in Aula già domani il ddl Zan non ha trovato adesioni. Pd e M5s che per settimane non hanno parlato di altro hanno preferito un buen retiro estivo», afferma il capogruppo renziano. È falso, insorgono Pd, M5s e Leu, al termine di una riunione, riferiscono alcuni dei presenti, in cui non sono mancati momenti di alta tensione. «L'unica cosa che non va in vacanza è l'inaffidabilità di Italia viva. Se non avesse cambiato idea sul sostegno già espresso al ddl Zan alla Camera, cercando impossibili e surreali mediazioni e presentando emendamenti che demoliscono il testo, le cose sarebbero andate molto diversamente», replica a muso duro la senatrice dem Monica Cirinnà, responsabile diritti del Pd. «Nel corso della capigruppo non c'è stata nessuin na richiesta di inserimento calendario da parte di Italia viva del Ddl Zan», tengono quindi a precisare Simona Malpezzi, capogruppo del Pd, Loredana De Petris di Leu e Vincenzo Santangelo di M5s, facendo notare che il calendario d'Aula «è stato votato all'unanimità». Ma per Iv le cose sono andate in maniera differente. E fonti renziane ricostruiscono così quanto accaduto: «Nella conferenza dei capigruppo in Senato sono risuonate le campane a morto per il ddl Zan: il Pd ha detto per l'ennesima volta no al ddl Zan, mentre i grillini hanno perso la parola da tempo sulla legge contro l'omofobia». E ancora: «Faraone ha chiesto di trovare un accordo sulla controversa legge e di procedere con la discussione generale, ma è rimasto solo, nel gelo generale trasformato presto in urla. La richiesta ha innervosito Pd e M55, imbarazzati dal dover spiegare, a un passo dalle agognate vacanze, questo improvviso dietrofront».

 

 

Non ci sta il Movimento 5 stelle, che controreplica: «Da parte di Iv oggi nella riunione dei capigruppo al Senato non è giunta alcuna richiesta di calendarizzazione del ddl Zan», chiarisce il pentastellato Vincenzo Santangelo, «dispiace che da parte del collega Faraone e del suo partito ci sia stata la volontà di strumentalizzare un tema cosi importante. Le affermazioni fatte in tal senso sono dunque prive di qualunque fondamento e volevano solo alimentare una sterile polemica», conclude. Dura anche la replica di De Petris, che accusa Iv di «scorrettezza», visto «che non c'è stata nessuna richiesta» in capigruppo.