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L'ossessione dei dem sulla legge Zan rischia di farla saltare

Andrea Amata
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Quando una legge, come quella sull’omofobia, viene impugnata a mo’ di vessillo da sventolare si corre il rischio che degeneri in una «fede». Cosicché non si riconoscono le ragioni di chi, pur volendo salvaguardare il principio ispiratore della norma sul contrasto alle discriminazioni, propone rettifiche compatibili con l’ordinamento liberale. Il Partito democratico pare motivato dall’ossessione del ddl Zan a cui sta sacrificando il raggiungimento di una sintesi parlamentare che assicurerebbe di colmare la lacuna legis con la configurazione del reato di omofobia. Invece, Letta persevera a blindare un testo che non gode al Senato di numeri idonei a prefigurare un risultato certo. Nei giorni scorsi la pregiudiziale di costituzionalità a scrutinio palese non è passata per 12 voti e la richiesta di sospensiva è stata respinta per un solo voto. Dunque, con la votazione segreta è presumibile immaginare che i diffidenti del testo, per il momento «dormienti», scuoteranno le sicurezze dei pasdaran la cui inflessibile ostilità alla ragionevolezza verrà additata come causa del boicottaggio della legge.

 

 

Abbarbicarsi al ddl Zan alla stregua di un totem, che non consente modifiche, significa appropriarsi abusivamente della difesa contro le discriminazioni allorché si professa una pretesa di discriminazione verso chi ha maturato dei fondati dubbi su una norma che minaccia la libertà espressiva delle persone. L’articolo 4 così come impostato potrebbe sottoporre le opinioni, seppure sconvenienti, allo scrutinio giudiziario, rendendo la libertà di manifestazione del pensiero comprimibile con effetti di alterazione del sistema liberale. Con la tendenza attuale, che vede propagarsi nella società la pretesa censoria del politically correct, è bene non introdurre norme vaghe sulla punibilità delle opinioni che istigano all’odio. Occorre tutelare coloro che non vogliono allinearsi al conformismo del politicamente corretto su cui non puoi incombere la «spada di Damocle» dell’ostracismo penale.

Con il ddl Zan può materializzarsi il chilling effect che inibisce l’esercizio di un diritto, come la libertà di espressione, per il timore di patire sanzioni. Una legge che genera una deterrenza sul libero pensiero non aggiunge «civiltà» all’ordinamento, semmai lo depaupera. Anche l’articolo 1 sull’identità di genere, demandata alla percezione mutevole delle soggettività, e l’articolo 7, sulla giornata contro l’omofobia da promuovere nelle scuole, dovrebbero essere rivisti sia per sottrarre il concetto di «genere» alla cangiante manipolazione soggettiva sia per evitare di vincolare la programmazione scolastica a temi su cui la famiglia dovrebbe continuare ad esercitare una prerogativa educativa. Ai dem, se continuano ad eludere l’opportunità della mediazione sugli articoli più controversi, considerando, altresì, la disponibilità trasversale delle forze politiche a varare una norma specifica di tutela delle «diversità» dalle discriminazioni e dagli atti di violenza, verrà ascritta la responsabilità di aver affossato una legge che a parole viene dichiarata come un traguardo inderogabile.
 

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