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Isabel Diaz Ayuso, perché i nostri liberali guardano al modello spagnolo

M. G. Zelle
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C’è un luogo nell’Europa occidentale dove la parola libertà ha ancora un significato profondo. È la Spagna che conserva intatta e viva la memoria della dittatura, la Spagna delle contraddizioni, del carcere per gli indipendentisti catalani, ma anche il luogo di quella che potrebbe essere la riscossa liberale.

 

E quella riscossa ha il bel volto sorridente di Isabel Diaz Ayuso, la giovane governatrice della Comunità di Madrid, appena rieletta grazie alle sue politiche liberali, anti-lockdown.

Isabel vince le elezioni con uno slogan semplice ma profondo: libertà. Una parola che l’Occidente terrorizzato dal virus ha messo da parte.
Contrariamente alle scelte del Governo centrale, la Ayuso, membra del Partito popolare, non esita ad abbandonare il lockdown, riapre Madrid e si limita a isolare quartieri, non intere regioni.

Questa scelta permette di non mandare le terapie intensive in sofferenza e mette in pratica quello che in Italia Marta Cartabia, da Presidente della Consulta, definì correttamente un bilanciamento di diritti, inascoltata.

 

Non allo scopo di fermarla ma quanto meno di contenerla, il leader di Podemos Iglesias, il Di Battista spagnolo, si candida, subendo una cocente sconfitta. Nella sua campagna elettorale attacca la Ayuso con il pericolo del ritorno al fascismo, ma lei non si fa intimidire e contrattacca con la minaccia comunista.

Il popolo la premia. La ricetta liberale trionfa.

Certo, per governare dovrà contare sull’appoggio dei post franchisti di Vox. Non uno scenario ideale, certo, ma neppure qualcosa di nuovo. Del resto, anche Silvio Berlusconi governó con Alleanza Nazionale e il centrosinistra di Prodi portó in maggioranza Rifondazione comunista.

 

La Lega e il Pd hanno governato con il M5S, un partito che di liberale ha poco e di postfascista e postcomunista molto. Se però la Governatrice sarà in grado di proseguire con istanze liberali, potrà essere il mezzo per assorbire o annientare o moderare i sovranisti di Vox, riportando il Partito popolare ai fasti di un tempo.

In Italia la sua ascesa non è rimasta indifferente, perché certifica nero su bianco come la politica delle chiusure portata avanti dalla sinistra non trovi più consenso popolare.

La paura lascia spazio alla voglia di vivere e il richiamo della foresta del Pd al dirigismo di sovietica memoria sembra evanescere come neve al sole.

Resistere serve a poco. Tutta Europa cancella il coprifuoco, mentre la sinistra postcomunista di Speranza, sostenuto da Letta e dai grillini, resta inutilmente aggrappata a quel simbolo di controllo statalista delle "vite degli altri" cercando di mantenerlo per altri 15 giorni. 
Dalla vittoria dell’Ayuso, i partiti liberali, centristi, popolari italiani dovrebbero imparare molto: quello che colpisce è che nella sua campagna, la libertà economica è solo un elemento. Quello che è centrale è il modello occidentale di libertà, che il lockdown ha minacciato e compresso.

Una domanda sorge spontaneo porsi. Cosa sarebbe successo se quando ad aprile 2020 Matteo Renzi si batteva in solitudine per le riaperture, l’avesse fatto evocando la parola libertà. Se Matteo Salvini, oggi, anziché raccogliere firme e puntare tutto su turismo ed economia, avesse fatto lo stesso.

Se Forza Italia, il partito che avrebbe dovuto battersi da subito per le riaperture, anziché restare prudente e strizzare l’occhio al terrorismo sanitario di Speranza, avesse rispolverato gli slogan del 1994, quella contrapposizione fra libertà e dirigismo.

La lezione della Ayuso è potente: non bisogna aver paura di difendere l’identità occidentale, il nostro modello di vita, o il pericolo è quello che le nostre fragilissime democrazie liberali siano spazzate via dai nuovi estemismi. Quello sanitario? Quello ambientalista? Quello securitario e sovranista? Chissà. Il lockdown è stato certo la risposta- forse sbagliata- a un’emergenza reale, il virus. Ma potrebbe facilmente costituire un pericoloso precedente per chi volesse, in preda al furore ideologico, cancellare lo Stato di diritto e, in fondo, la Libertà.

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