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Salvini a processo a Palermo per Open Arms. Ma incassa il colpo: ho difeso la patria

Leonardo Ventura
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Matteo Salvini incassa il primo rinvio a giudizio nella città di Palermo per il processo denominato Open Arms, a una settimana esatta dal pronunciamento di un'altra procura siciliana, quella di Catania, che invece aveva decretato il non luogo a procedere per il caso della nave Gregoretti. Un risultato atteso, contro il quale nemmeno l'arringa accorata e dettagliata dell'avvocato Giulia Bongiorno - di quasi tre ore - è riuscito a ribaltare. Salvini si presenta davanti ai giornalisti e con fierezza ricorda il suo impegno, ieri contro l'immigrazione clandestina come ministro dell'Interno, oggi nel governo Draghi «per aver dissequestrato dal Covid milioni di italiani che potranno tornare a fare sport, andare al ristorante al cinema». «Non vado a casa preoccupato, se avessi qualcosa da temere sarei preoccupato ma ho esercitato il diritto/dovere della difesa della patria, articolo 52 della Costituzione» ha scandito il capo del partito di via Bellerio. «Fortunatamente i giudici non decidono chi vince le elezioni e chi guida i partiti» ha continuato. Il leader leghista ha poi rilanciato la vittoria «politica» che fissa le riaperture al 26 aprile, cavalcando la sua difesa di sempre: «Prima l'Italia. Sempre».

 

 

Il colpo, comunque, si fa sentire. La sentenza rischia di indebolire il segretario del Carroccio nell'esecutivo dei migliori, soprattutto dopo la foto in cui il collega del Pd, Enrico Letta, si è fatto immortalare con il fondatore di Open Arms, Oscar Camps, con tanto di felpa con il logo dell'organizzazione non governativa. «Io sto curando gli italiani per far ripartire il Paese e il lavoro. Non ho tempo di mettermi la felpa di Ong straniere che danneggiano l'Italia», tuona rinvigorendo la polemica con il Nazareno. Per Salvini comunque quella di ieri è una «decisione politica» più che giudiziaria, per questo - ha ironizzato - «chiederò al mio avvocato di chiamare a testimoniare il dottor Palamara, che sapeva già come sarebbe andata a finire». E infine il leader leghista ha rilanciato un altro cavallo di battaglia: la riforma della giustizia.

 

 

Insomma per Salvini trattasi di un chiaro disegno nel tentativo di annientarlo, ritornello che viene rilanciato sui social da militanti del partito, parlamentari e gli stessi alleati di centrodestra. «Perché solo Matteo Salvini stato rinviato a giudizio per la vicenda Open Arms visto che si è trattato di una decisione condivisa da più ministri del governo Conte uno?», si è chiesto il coordinatore di Forza Italia, Antonio Tajani, che ha ribadito: «Per noi la legge deve essere uguale per tutti e non soggetta a interpretazioni politiche. Siamo solidali con Matteo Salvini». Non è d'accordo però Mario Perantoni, presidente della commissione Giustizia della Camera e deputato MSS: «Siano chiari due punti: il primo. In passato le riforme che hanno preso le mosse da situazioni particolari e personali hanno fatto del male al Paese; il secondo: abbiamo in cantiere importanti riforme che si propongono di rendere efficiente e giusto il processo, per evitare che corrotti e i criminali possano godere della fragilità del sistema, e di riorganizzare il Csm e gli assetti interni della magistratura ma nessuno pensi di riformare i giudici, la loro autonomia e indipendenza a garanzia dell'uguaglianza dei cittadini di fronte alla legge».

 

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