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Lockdown, l'ultimatum di Salvini a Draghi: no alla proroga delle chiusure di imprese e negozi

Francesco Storace
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L’Italia ha bisogno di uno scatto e la Lega non ci sta a far soffrire ancora il Paese. Matteo Salvini è determinato: ci si tolga dalla testa la continuazione di una situazione da lockdown senza l’evidenza dei dati. Continuare a parlare di chiusure fino a maggio deprime gli italiani. E quindi il prossimo consiglio dei ministri potrebbe essere bollente proprio sul fronte leghista. Perché sul tema delle chiusure non si può davvero esagerare con un paese esasperato. A costo di rompere su un tema che vede la sinistra rigorista di Franceschini e Speranza puntare a frenare ogni possibilità di riapertura.

Non che Matteo Salvini voglia regalare spazi alla sinistra, ma il messaggio che manda a chi preme sul freno per impedire a Mario Draghi di far tornare l’Italia alla normalità è evidente. Il leader leghista reputa intollerabile che già ora si sostenga che per tutto aprile le saracinesche restino abbassate, quasi che fosse un fatto ideologico. Il messaggio arriva dai social: “È impensabile tenere chiusa l’Italia anche per tutto il mese di aprile. Nel nome del buonsenso che lo contraddistingue - e soprattutto dei dati medici e scientifici - chiediamo al presidente Draghi che dal 7 aprile, almeno dove la situazione sanitaria sia sotto controllo si riaprano (ovviamente in sicurezza) le attività chiuse a partire da ristoranti, teatri, palestre, cinema, bar, oratori, negozi. Qualunque proposta in Consiglio dei Ministri e in Parlamento avrà l’ok della Lega solo se prevederà un graduale e sicuro ritorno alla vita”.

Fonti vicine a Salvini lo dicono ancora più apertamente: “‘Sta roba delle chiusure è follia. Siamo al 26 marzo, è assurdo ipotizzare chiusure fino alla fine di aprile”. A far saltare i nervi, le notizie che trapelano da Palazzo Chigi, secondo le quali fino al 30 aprile non ci saranno zone gialle, pur cominciando ad aprire le scuole primarie. La cosiddetta cabina di regia vorrebbe un decreto che sostanzialmente confermi la situazione attuale. Il che vorrebbe dire che se ne riparla a maggio. E se i dati migliorassero, come verosimile, si chiedono a via Bellerio. “Teniamo chiuso lo stesso? Terrorismo psicologico”.

La linea pare proprio quella e nella prossima seduta del consiglio dei ministri la Lega è pronta a sollevare con energia il tema. Secondo le stesse fonti, anche Giancarlo Giorgetti sarebbe allineato sulla linea di Salvini, con quale ieri è stato in contatto telefonico tutta la mattina.

Del resto, altre fonti invece indicano anche nel premier Draghi attenzione ai dati sanitari: “E se dovessero migliorare perché restare chiusi?”, avrebbe detto il presidente del Consiglio nel corso della riunione sulle misure da adottare.

Che del resto la Lega voglia chiarezza è un dato che emerge non solo dalle prese di posizione del leader sul tema. A premere sull’acceleratore sono anche autorevoli esponenti parlamentari, come ad esempio Armando Siri e Claudio Borghi. Nettissimo come al solito quest’ultimo: “Anch'io penso che il paese debba riaprire subito. Avete detto chiudiamo fino a Pasqua poi basta. Ecco. Basta”. Facendo eco a Siri, che a sua volta non lo ha mandato a dire: all’ex ministro Francesco Boccia che bolla come “politici irresponsabili quelli che vogliono riaprire tutto”, Siri risponde così: “Io sono tra quelli che pensa che il Paese debba riaprire subito. La pazienza degli italiani che vogliono lavorare e tornare a vivere è arrivata al limite e finisce definitivamente il 6 aprile. Basta con le pillole di angoscia! Non siamo più a un anno fa che non si sapeva nulla sulla malattia”.

E in fondo il governo di salvezza nazionale voluto dal presidente Sergio Mattarella è nato proprio per puntare sulla ripartenza dell’Italia. Immaginare di dover continuare a tenere sbarrato qualunque territorio anche in assenza di dati epidemiologici che attestino la gravità del virus sarebbe diccilmente comprensibile. Ed è il motivo per cui Salvini non vuol sentire parlare ancora di chiusure generalizzate: Anche Speranza deve capire che è un altro governo.

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