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La sfida di Matteo Salvini: Conte cadrà e toccherà a noi

Francesco Storace
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«Per rispetto dell’Italia e delle istituzioni ma anche per ragioni di dignità Giuseppe Conte si dovrebbe dimettere oggi stesso»: Matteo Salvini non ha dubbi e in questa intervista rilasciata a Il Tempo vede poca strada davanti al governo.

«Anche perché c’è un centrodestra compatto come non mai. Lo spettacolo disgustoso è nella maggioranza».

Segretario, davvero Conte può cadere per un vostro sgambetto?
«Mah, al massimo può durare qualche settimana. Poi, tra commissioni e aula la partita finisce. E il mazzo di carte più nutrito ce l’ha il centrodestra. Con cinque punti programmatici per governare».

Poi Conte verrà casa per casa...
«(Ride). Dico una cosa. Trovo incredibile il mercato indecente di queste ore in un momento così drammatico. Ciò che mi rincuora è che in diversi ci chiamano invitandoci a tener duro e proponendo di unirsi alla squadra».

Parlamentari?
«Sì».

Quindi Conte non ce la fa?
«Ad oggi no, perché sta finendo i ministeri da proporre, i sottosegretariati, le nomine, i consigli d’amministrazione... Spero davvero che non ce la faccia».

Che deve succedere affinché Conte possa dire di aver vinto?

«Ha già perso. Potrebbe al massimo prolungare di qualche settimana questa agonia. Nelle commissioni e in aula non avrebbe più numeri. Tre maggioranze in tre anni: ha già perso gli italiani. Il 2020 si chiude con il record di morti, più di 720mila, con il minimo storico di nascite sotto i 400mila, dato devastante. Oltre alla performance negativa del Pil. Un disastro».

Matteo Renzi come si è comportato finora?
«Ci credevo ben poco, perché il governo lo ha fatto nascere lui, con i suoi voti e con gli auguri di Donald Trump. Lo ricordi anche Nicola Zingaretti. Renzi agisce evidentemente per calcolo politico, perché lo sapeva che Conte e i Cinque stelle fossero i signornò, ma almeno ha svelato l’ipocrisia del Pd».

Il centrodestra riuscirà a restare unito?
«Sì, devo dire che in questi giorni imbarazzanti e disgustosi, ho trovato una compattezza nella coalizione, che non sempre c’è stata nei mesi scorsi. Stiamo dimostrando di essere squadra. Abbiamo agito assieme sui decreti ristori, per le partite Iva, sui fondi europei, il no al Mes che ormai è archiviato. Saremmo già pronti a governare».

Ma come si fa a pensare a un governo di centrodestra? Ci sono i numeri?
«Prima vediamo se la compravendita in corso va a buon fine o meno. Le vie sarebbero solo due. Elezioni o governo fondato su cinque punti programmatici: la famiglia (e spero che non sia vero che ci sia qualche ambiente vaticano a caccia di responsabili); lavoro (pace fiscale con condono del pregresso e quota 100); scuola (siamo al surreale, non si sa oggi che succede domani); giustizia (e il problema non è che devo andare a processo pure con Carola Rackete, ma ciò che succede a tutti gli italiani); sviluppo, a partire da infrastrutture e cantieri. Ci sarebbe un’ampia maggioranza in Parlamento, non solo con cinque senatori reclutati da Clemente Mastella. E neanche con Renzi».

Sergio Mattarella come si sta comportando?
«Vediamo alla fine. Rispetto la massima istituzione repubblicana, ma sicuramente stanno accadendo cose vergognose, vedo che si tirano in ballo anche i servizi di sicurezza, pure la televisione pubblica, ma io voglio continuare ad avere fiducia. Provate ad immaginare che cosa sarebbe successo se al governo ci fosse stato il centrodestra a combinare tutto quello che accade ora».
Usciremo dalla pandemia?
«Sì, nonostante Domenico Arcuri, che è uno degli esempi dei fallimenti di Conte, dalle mascherine alla scuola, persino sull’Ilva per finire con i vaccini. Non si sa nulla di nulla. Le chiusure sono state fatte male, anche un importante sociologo come Luca Ricolfi – che non è certo un pericoloso sovranista - contesta al governo di aver fatto male e in ritardo. Con più morti e più danni economici».

Che bisogna fare sui vaccini?
«Garantire la possibilità di vaccinarsi, compresi sei milioni di disabili, da mettere avanti alla fila. Anche io aspetterò il mio turno senza fretta, non bisogna obbligare nessuno, altro che patente. Spiegare e non imporre».

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