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Quota 161 senatori è lontana. Zingaretti disperato, gli restano solo i responsabili

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L'unica via di uscita per i dem è quella dei Responsabili, altrimenti si concretizza lo spettro delle elezioni anticipate, e allora son guai. Il Partito democratico non si lascia andare a «derive avventuristiche», ma è convinto che in Parlamento ci siano «forze democratiche, liberali, europeiste pronte a convergere nello sforzo» di far ripartire il Paese evitando «il salto nel buio» di una crisi di governo. Nicola Zingaretti si presenta davanti alla direzione nazionale del Partito Democratico per ragguagliare il parlamentino dem sugli sviluppi della crisi politica innescata dalle dimissioni delle ministre di Italia Viva. Il nuovo appuntamento con gli organismi dem - dopo quello con segreteria, ufficio politico, e assemblea dei deputati - serve anche a rassicurare sulla frenata subita dall’operazione responsabili nelle ultime ore.

Ancora lontani dalla quota di 161 senatori che assicura la maggioranza assoluta a Palazzo Madama, il governo e chi lo guida dovranno accontentarsi, con ogni probabilità, della maggioranza relativa che consenti, questo sì, di tenere in piedi il governo, ma difficilmente di governare. Anche perché, come sottolinea il segretario dem, «le sfide che attendono la maggioranza» non sono poche né di poco conto: dalla lotta al virus e lo svilupparsi del piano vaccini, fino alla messa a 
punto del Recovery Plan atteso all’esame del Parlamento e a quello delle realtà produttive e delle forze sociali del Paese. Di qui le rassicurazioni di Zingaretti circa il fatto che «in Parlamento faremo appello ai rappresentanti dei cittadini perchèé tutti si assumano le proprie responsabilità». Per Zingaretti, insomma, «ci sono forze democratiche, liberali ed europeiste che possono convergere in questo sforzo». Una strada obbligata anche perché i dem continuano a respingere qualsiasi ipotesi che li veda sedersi di nuovo al tavolo del governo con Matteo Renzi, ormai considerato inaffidabile. È l’ex premier ad aver innescato una «crisi incomprensibile» anche ai governi degli altri Paesi del mondo, «sconcertati dal vedere l’Italia piombare in una crisi come questa all’indomani del varo del recovery Plan». Una crisi che «fa perdere credibilità al Paese».

Basta attendere, dunque, e al termine del passaggio parlamentare, un poco alla volta, le forze «responsabili» arriveranno a dare forza al governo. Ieri è stato Vito De Filippo ad anncuniare il passaggio da Italia Viva al Pd - un ritorno - con queste argomentazioni: «È stata sbagliata la scelta di Italia Viva di aprire la crisi mentre il Paese è attraversato da tante difficoltà e sofferenze. Per questo lunedì voterò la fiducia al governo. Ho deciso di continuare il mio impegno parlamentare per favorire l’uscita dall’emergenza sanitaria e sociale e la necessaria ripresa economica nel gruppo del Partito democratico riprendendo il filo di un percorso che viene da lontano e in questo senso ringrazio il segretario Zingaretti ed il capogruppo Delrio».

Nel caso, poi, l’appello alle forze moderate, democratiche ed europeiste non dovesse sortire l’effetto sperato, l’unica strada rimane quella che porta alle elezioni. Di certo il Partito Democratico «rifiuta qualsiasi ipotesi di coinvolgimento delle forze della destra nazionalista», aggiunge il segretario convinto che, alla prova delle urne, la vittoria della destra sia tutt’altro che scontata: «Il campo di forze progressiste ha ricominciato a vincere», ricorda Zingaretti riferendosi alle ultime tornate regionali e amministrative. Gli elettorati di centro sinistra e del M5s, «che nel 2019 erano in totale contrapposizione, hanno cominciato ad avvicinarsi, a volte anche prescindendo dai vertici. Lo stesso elettorale che punisce chi divide, chi isola e chi rompe facendo vincere la destra». Un riferimento alle ultime mosse di Matteo Renzi sul quale, in una intervista, si sofferma anche Goffredo Bettini: «È la storia che dimostra l’inaffidabilità di Renzi», dice l’esponente dem che sulla sfida che attende il governo nelle prossime ore aggiunge: «Non so cosa accadrà in Parlamento. Ma lì occorre andare per verificare se Conte ottiene la fiducia che, ai sensi della Costituzione, non richiede quorum rafforzato, ma solo che i sì prevalgano». E sui responsabili: «C’è una sensibilità moderata, liberale ed europeista che sta in sofferenza sotto l’ombrello della destra di Salvini e Meloni. Che guarda alla Merkel contro Orban. Intende palesarsi o rimane sotto il tallone sovranista?». Per Bettini si tratta di quella «terza gamba di centro moderato ed europeista che insieme alla sinistra e al M5s è destinata ad articolare una alleanza futura antisovranista». 

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