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Conte e Renzi alla sfida finale

Francesco Storace
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Si comincerà dalla fine. Lo showdown è deciso: contro Matteo Renzi, Giuseppe Conte giocherà la carta finale, spalleggiato da Nicola Zingaretti e Luigi Di Maio. Perché la situazione di governo sta diventando davvero insostenibile: non c’è neppure la certezza che la convocazione di una seduta di Consiglio dei ministri non rappresenti la miccia per far esplodere una crisi davvero lacerante.

I corridoi della politica la raccontano univocamente: il tema su cui va risolta la crisi sostanziale del governo Conte è il perimetro della coalizione che si dovrà presentare alle prossime politiche sotto la guida del premier in carica. Zingaretti lo vuole, pur se consapevole che non tutti nel Pd e più in generale a sinistra considerano Conte un faro per i progressisti. Renzi lo ha capito e picchia duro persino sulla mancata condanna del Trump collegato all’assedio al Congresso americano.

Se si vuole costruire un’immagine di moderazione rispetto ai sovranisti – dicono in sostanza i «costruttori» di sinistra – ora è il momento di farlo con un patto politico. Sapendo che col sì di Renzi si può durare fino al 2023, altrimenti è meglio sfidare il centrodestra di Salvini e Meloni anche subito. Se il Matteo di qua diventa Matteo di là poco importa. La partita si può giocare nel tentativo di accalappiare il moderatismo italiano. Coalizione Ursula modello Europa della Von der Leyen. E dicono che «il Renzi di queste ore assomiglia più a Trump che a Obama». Quindi, raccontano i retroscena di Palazzo, la manfrina può finire solo recuperando la politica. Poi, sarà facile accordarsi sul Recovery Fund. E persino su servizi e rimpasto, se l’orizzonte è un’alleanza solida. Altrimenti ci vediamo per davvero al Senato. In sostanza la situazione è questa. La conferma viene da Zingaretti, che ha confidato ad un amico: «Conte ormai ha capito che non può più attendere e ha deciso di prendere il toro per le corna. E Renzi deve decidere ora che cosa fare». Insomma, siamo di fronte alle pagine bianche di un copione tutto da scrivere.

Dal fronte renziano continuano a picchiare duro. Scordatevi retromarce, perché resta valida la sfida di Matteo: «Ti aspettiamo in Senato», ha sibilato a Conte via tiggì. Ormai non si parlano più, altro che assenza di problemi personali...Dicono a Italia Viva: «Conte è lanciato in campagna acquisti, ma anche se vince, in Senato se la cava per ventiquattr’ore. E poi?». Il bello è che pure il premier ne è consapevole e per questo ha deciso di ingranare la marcia. E ha come priorità quella di fissare l’agenda per il patto di legislatura, la scrittura definitiva del Recovery Fund – che per ora è una finta utile a far lanciare gridolini entusiasti da Vito Crimi ai suoi, anche se con scarso appeal – e decidere con Zingaretti servizi di sicurezza e modalità di un eventuale rimpasto. E se Renzi non ci sta, al Colle ci sale per farsi firmare il decreto di indizione delle elezioni anticipate. In pratica, Conte ha capito che il rischio maggiore che corre è quello di farsi logorare dal capo di Italia Viva. E questo non intende proprio tollerarlo. Non ha cambiato idea nei confronti di Renzi – di cui continua a non fidarsi – ma semplicemente strategia. E forse i conti che sta facendo sono quelli relativi all’impossibilità di creare una maggioranza alternativa a se stesso in caso di dimissioni. Per esserne certo deve essere garantito da Pd e Cinque stelle.

Nelle ultime ore il premier dovrebbe aver ricevuto rassicurazioni. «Se vado allo scontro, vi ritrovo con me?». Tradotto: «Non è che mi fregate con Draghi?». Sta a lui fidarsi dei suoi partner. Le tappe saranno così scadenzate. Prima di domenica il Consiglio dei ministri per il Recovery Fund si deve assolutamente tenere. Sennò l’appuntamento è a Palazzo Madama. È Renzi – ecco che spunta la ciccia politica – che deve mettere la sua firma sul patto di fine legislatura. Certo, poi bisogna vedere se i sogni si realizzano. Quelli di Italia Viva giurano che Renzi non ha alcuna voglia di farsi fregare tornando sui suoi passi. Che da Tg2 post ieri sera ha rilanciato sul Mes. Però anche loro dovranno fare i conti con i rischi che corrono inasprendo – anche con dichiarazioni ogni secondo più nette e dure contro il premier - i rapporti nella coalizione. La possibilità di elezioni anticipate può essere più vicina di quanto si creda, se non interviene qualche fattore a spezzare la maledizione che si abbatte sulla coalizione. L’ideale – afferma un importante protagonista della maggioranza – sarebbe riuscire a far sedere allo stesso tavolo Conte e Renzi. «Ma nemmeno si parlano», è la confidenza che viene confermata. E che lascia intuire come qualsiasi scenario sia ancora aperto. Senza pontieri non bastano i pompieri. 
 

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