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Condanna cancellata e niente supermulte. Il suocero di Conte graziato due volte

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C'era una legge molto severa dal punto di vista penale che puniva con il reato di peculato tutti gli albergatori che non versavano come dovuto la tassa di soggiorno nelle casse del comune dove era situata la struttura. Quella legge non c'è più, cambiata dalla famosa norma “salva-suocero” inserita del decreto legge rilancio, che depenalizza quel reato, ma lo trasforma in sanzione amministrativa salatissima, con una multa che raddoppia o triplica l'importo del mancato versamento. Come si saprà dopo che è uscita la notizia del colpo di spugna sulla pena di un anno e due mesi patteggiata da Cesare Paladino, suocero di Giuseppe Conte, in base a questa nuova legge, è nato un putiferio. E con grande generosità si è immolato Dario Franceschini per fare da scudo al premier e rivendicare la paternità della norma, sostenendo di averla fatta inserire lui e che Conte fino ad oggi ne ignorava l'esistenza. Fatto piuttosto strano, per due motivi. Primo: il premier si è sempre vantato da giurista di controllare anche le virgole dei testi in approvazione in consiglio dei ministri, cosa che avrebbe sempre fatto, salvo che sulla norma che salvava suo suocero. Secondo: Paladino grazie a quella norma aveva ottenuto dal gup di Roma la cancellazione della condanna penale, e la figlia Olivia si è tenuta per sé una notizia così importante senza confidare la gioia al fidanzato. Sarà...
Ma il suocero di Conte è doppiamente fortunato, perché lui era stato condannato per peculato per essersi trattenuto 2 milioni di contributo di soggiorno in 5 anni senza versarli nelle casse di Roma Capitale guidata da Virginia Raggi. Con la nuova norma Franceschini ignorata da Conte quella condanna penale è stata cancellata solo a lui (è stato rifiutato a tutti gli altri albergatori) con un colpo di spugna. Ma la supermulta in vigore che avrebbe costretto Paladino a pagare una sanzione extra fra 4 e 6 milioni di euro a lui non è stata applicata, perché quando ha violato la legge quella multa non era ancora in vigore. Quindi il suocero di Conte è diventato l'unico italiano che può fare quello che vuole essendo al di sopra della legge: quella vecchia che per lui è stata cancellata e quella nuova che per lui non era applicabile.
La cosa clamorosa è che questo finale era stato pure previsto. E non da uno qualsiasi, ma da relatore di quel testo in commissione Giustizia della Camera, Eugenio Saitta, un esponente M5s. Fu lui a fare mettere a verbale un avvertimento al governo: “In assenza di una specifica norma transitoria, l'illecito amministrativo si applica ai fatti commessi dopo l'entrata in vigore della norma; laddove la giurisprudenza qualificasse la disposizione in commento come operante una depenalizzazione, per i fatti commessi prima, non potendo più trovare applicazione la norma penale, sarebbero escluse tanto sanzioni penali quanto sanzioni amministrative”. Insomma: “attenti perché a un furbetto evasore della tassa di soggiorno verrebbe cancellata la condanna penale, ma non potrebbe essere applicata la nuova sanzione se non scriviamo una norma transitoria”. Il governo ha fatto orecchio da mercante e non ha scritto nulla per evitare questo. E il povero Saitta ci ha azzeccato, restando profeta inascoltato. Certo nemmeno lui poteva immaginare che il solo caso che davvero sia stato al di sopra di ogni legge come lui temeva avrebbe riguardato proprio il suocero di Conte...

 

"Gentile direttore,

In merito all'articolo di cui sopra, vorrei chiedere l’immediata cancellazione della mia immagine all’interno dell’articolo che mi vede, mio malgrado, coinvolto e citato per una vicenda di cui sono totalmente estraneo nei termini di narrazione e taglio dato all’articolo. Seppur relatore del parere del provvedimento di cui la norma in questione, il mio operato non è mai stato di “avvertimento” nei confronti del Governo né in alcun modo ha mai riguardato un’azione di “messa in guardia” di terzi, contrariamente a quanto da voi sostenuto. Ritengo dunque fuori luogo la scelta di dare visibilità al mio nome e alla mia foto in un articolo che riguarda terzi. Nell’esercizio delle mie funzioni di deputato ho semplicemente espresso un parere su una norma.  Vi pregherei di procedere quanto prima alla cancellazione di fotografia e occhiello.

Grazie. Cordiali Saluti

Eugenio Saitta, portavoce del MoVimento 5 Stelle alla Camera"

 

Gentile onorevole Saitta,

Leggo sbalordito questa sua richiesta. Lei è un deputato, personaggio pubblico. E’ citato a proposito e non a sproposito, ha fatto il relatore di quel decreto legge e fatto una osservazione esattamente sul punto, sostenendo che senza norma transitoria c’era il rischio che si abolisse la pena non applicando la nuova sanzione. Siccome il parere del relatore è rivolto al governo e ai deputati che debbono prendere le decisioni, non c’è alcun dubbio che lei aveva messo in guardia da questo rischio. La frase è pertinente. Le rendiamo pure atto di averci visto giusto, perché è accaduto esattamente così. Non ha alcun diritto di chiedere di modificare occhielli, titoli e testi di articoli su questa base. E’ una scelta che non spetta a lei, ma a noi. Non è accoglibile nemmeno come rettifica perché non rettifica nulla di quello che le viene attribuito, né potrebbe farlo perché la frase a lei attribuita è testuale e tratta integralmente dal resoconto della Camera. Le sembrerà strano ma almeno formalmente non siamo ancora in un regime dittatoriale per cui lei ha diritto a decidere cosa scrivere in un nostro titolo, occhiello o sommario. Disponibilissimo a verificare in qualsiasi tribunale della Repubblica se lei ha una ragione su un milione per chiedere una cosa così ingiustificata. Proceda pure

Franco Bechis

Direttore de Il Tempo

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