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Spallata a Conte, Renzi facce sogna'

Franco Bechis
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Non era la prima volta che Matteo Renzi preannunciava fuoco e fiamme. Quasi sempre però era finita con l’accensione di un cerino che si spegneva senza manco annerirgli le dita. Ieri però il leader di Italia viva un bel focherello sotto la poltrona di Giuseppe Conte ha acceso davvero.

Da giorni veniva accatastata legna, e ora non sarà così facile per il premier spegnere quelle fiamme. Questa volta Renzi non ha infatti deluso le attese: ha preso la parola in Senato per la dichiarazione di voto sulla riforma del Mes e fissando negli occhi Conte ha parlato di tutt’altro: l’eccesso di potere nelle mani del presidente del Consiglio italiano. Renzi ha raccontato che solo alle due di notte alla vigilia del Consiglio dei ministri che avrebbe dovuto approvarlo è stato inviato ai ministri per posta elettronica il piano nazionale di ripresa e resilienza che l’Italia deve presentare all’Unione europea per potere avere i 209 miliardi promessi di fondi del Next generation Eu.

Naturalmente nessuno ha potuto esaminarlo per poterlo poi discutere in Consiglio, ma subito è saltata agli occhi una scelta assai bislacca su come impegnare quelle cifre clamorose che vedevano agli ultimi due posti la sanità (9 miliardi in cinque anni) e il turismo (3 miliardi nello stesso periodo) che giustamente secondo Renzi sono invece le vere emergenze di questo momento. Ma quel documento è stato di fatto presentato ai ministri e ai partiti di maggioranza come un testo «prendere o lasciare», perché il premier avrebbe dovuto illustrarlo nelle prossime ore agli altri capi di Stato europei per convincerli ad aprire davvero quel borsellino restato finora solo virtuale. Non solo, il piano era accompagnato da una bozza di testo che disegnava i poteri di un esercito di consulenti (la task force) che avrebbero assistito il premier (cui doveva spettare l’ultima parola) sulla scelta dei progetti da finanziare con quei soldi. All’intero impianto Renzi ha detto di no, avvertendo Conte che se per caso immaginava di inserirlo come emendamento alla legge di bilancio insieme a un altro testo tanto caro a palazzo Chigi che creava dal nulla una fondazione di controllo sui servizi segreti, Italia viva non avrebbe votato la legge di Bilancio.

L’ometto di palazzo Chigi non si aspettava questo tipo di spallata: aveva studiato con i suoi la furbata dell’emendamento alla legge di bilancio, ben sapendo che avendo presentato con grave ritardo la manovra per il 2021, il Parlamento non ha i tempi tecnici necessari alla sua discussione e inevitabilmente il governo avrebbe dovuto porre in aula la questione di fiducia sul testo che preferiva: chi mai della maggioranza avrebbe osato in questo momento fare cadere il governo? La risposta è arrivata ieri in Senato: Renzi. Conte che non se l’aspettava, ha tentennato un’oretta con il dilemma: «perdere la faccia o perdere la poltrona»? Un uomo politico è molto attento alla prima ipotesi, un uomo arrivato al potere solo per caso alla seconda. Così Conte ha deciso di perdere la faccia e innestare già ieri sera una robusta retromarcia su quei progetti che sembravano per lui irrinunciabili.

Renzi dunque già ieri sera è sembrato vincere la sfida lanciata, almeno nella forma, come non accade nemmeno nelle più fortunate guerre-lampo. Ma potrebbe essere una vittoria di facciata, con il rischio che quel che non entrerà più dalla porta si infili di soppiatto dalla finestra. Se si tratta di equilibri e sfide fra uomini politici, sarebbe semplice affare loro e non staremo qui a scriverne. Invece la spallata lanciata ieri da Renzi a Conte è davvero una buona occasione: potrebbe anche farci sognare, sta solo al leader di Italia viva non mollare la presa. Passa attraverso questo scontro e l’evidente timore del premier che non basti più il Bostik usato con generosità a tenerlo attaccato alla poltronissima di palazzo Chigi la possibilità di uscire dal tunnel in cui questo Paese è rinchiuso da mesi, e non per la pandemia.

In gioco, ha rimarcato giustamente Renzi, ci sono 209 miliardi di euro che l’Italia non vedrà mai più per chissà quanti anni. Non solo non si possono buttare via inseguendo slogan e bandierine da quattro soldi. Ma siccome per più della metà sono prestiti, andranno restituiti negli anni e legheranno le mani ad almeno altri due o tre governi si spera scelti finalmente dagli elettori italiani. Non si può sceglierne l’impiego come voleva fare Conte in uno stanzino di palazzo Chigi assistito dai suoi bravi, ma è necessario coinvolgere il Parlamento intero, altro che lasciare sulla porta come stava avvenendo ora perfino quelli che stanno più antipatici al premier nella sua maggioranza. E in qualche modo coinvolgere anche l’opinione pubblica che ha il diritto di discutere di quel che sarebbe più utile ora e nei prossimi anni all'intera comunità. Altro che organizzare show segreti come gli stati generali e poi perdere come ha fatto su ogni emergenza Conte mesi interi senza fare nulla rinviando sempre per non fare traballare la sua poltrona. Il problema principale di questo paese è lui con i suoi clamorosi errori, metodi e tentazioni di fare il dittatorello dello Stato libero di Bananas. Forza, Renzi! È giunto il momento di risolverlo.

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