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Bertolaso a Roma, Bassolino a Napoli, Moratti a Milano. Più che elezioni, sembrano una Rsa

Nessun big dei partiti ansioso di misurarsi nell'amministrazione delle grandi città. E così tornano in ballo civici e usato sicuro

Carlantonio Solimene
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Ma davvero la nobile arte dell'amministrazione atterrisce a tal punto i politici italiani? La domanda sorge spontanea se ci si ferma un attimo a riflettere su quanto sta accadendo nei partiti in vista delle Comunali del 2021, elezioni che vedranno in palio - tra le altre - le poltrone di sindaco di città di primo piano come Roma, Milano, Napoli, Bologna e Torino.

Ebbene, in nessuna di queste metropoli c'è al momento una candidatura politica «forte» se si eccettua, forse, quella di Carlo Calenda nella Capitale. Piuttosto, il ritornello è quello della ricerca disperata di un civico «che sappia raccogliere voti oltre le coalizioni tradizionali» o dell'usato sicuro: un nome, cioè, che rievochi nell'elettorato quella «stagione dei sindaci» datata anni '90, quando ricoprire il ruolo di primo cittadino in realtà di rilevanza nazionale costituiva spesso il trampolino di lancio per ben più prestigiosi incarichi di governo.

Invece, negli anni '20 del ventunesimo secolo, è in atto una vera e propria fuga dalle città. Spiegabile solo in parte con le ristrettezze di bilancio dei Comuni che costringono i malcapitati sindaci a fare talvolta da parafulmine nei confronti di una cittadinanza sempre più insoddisfatta.

Il caso di Roma è emblematico. Per settimane Nicola Zingaretti ha supplicato qualche big del Pd a farsi avanti. Si è visto rispondere picche tanto da Enrico Letta che da David Sassoli. Al punto che nel vuoto pneumatico del centrosinistra è riuscito a infilarsi Calenda. Già specificando, però, che rinuncerà alla poltrona di europarlamentare solo in caso di vittoria alle elezioni. A fare il capo dell'opposizione in Campidoglio, invece, l'ex ministro dello Sviluppo non sembra interessato.

Non c'è la fila di aspiranti candidati neanche nel centrodestra. E così, mentre rispunta la suggestione militare - quattro anni fa si ipotizzò la corsa del generale dell'Arma Leonardo Gallitelli, oggi tocca all'ex comandante della Gdf Giorgio Toschi - Silvio Berlusconi ha provato a rilanciare l'usato sicuro Guido Bertolaso. Che «usato» lo è di certo, ma «sicuro» non tanto, visto che il Cavaliere sembra dimenticare i sondaggi funesti che segnarono la quasi candidatura di Bertolaso nel 2016 poco prima del ritiro.

Di ritorno al passato si parla anche a Napoli. Mentre il sindaco uscente Luigi De Magistris prova a sponsorizzare la sua assessora Alessandra Clemente e i ministri Vincenzo Amendola e Gaetano Manfredi non si entusiasmano all'idea di lasciare il governo per misurarsi a Palazzo San Giacomo, nelle ultime settimane è tornato attivissimo sui social Antonio Bassolino. «Abbiamo bisogno di voi e guardate come stiamo combinati, mi dice l'acquafrescaio con i suoi familiari in una strada tra le più belle e più dissestate della città. Anch' io ho bisogno di voi e vedremo assieme tutto quello che possiamo e dobbiamo fare per la nostra Napoli, rispondo». Cosi l'ex sindaco e governatore ha scritto su Facebook una settimana fa, in quello che a tutti è sembrato come un primo passo verso la ricandidatura. Non si vede chi a sinistra possa arginare la sua voglia di ritorno in campo, mentre a destra - come al solito la classe dirigente locale tenterà di nascondersi dietro ai civici. Si riparla, al proposito, del magistrato Catello Maresca, già sondato - senza successo - per le recenti Regionali.

Voglia di vintage pure a Milano, dove accanto a nomi più o meno improbabili (l'ex libero del Milan Franco Baresi) nella ridda del totocandidature del centrodestra sono finiti pure Gabriele Albertini (già sindaco dal '97 al 2006) e Letizia Moratti (dal 2006 al 2011). Mentre in quel di Torino la sinistra è in ginocchio dal rettore del Politecnico Guido Saracco che, come principale dote, può vantare l'appoggio dell'ancora influentissimo Sergio Chiamparino.

Insomma, tra tanti grandi vecchi ritornati improvvisamente di moda, è un peccato che il mitico Giorgio Guazzaloca non ci sia più. Altrimenti, dalle parti di Bologna, Salvini e Meloni una citofonata avrebbero potuto farla anche a lui...

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