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A Palazzo Chigi c'è chi va per tarocchi. Fanno la manovra dal cartomante?

Gianfranco Ferroni
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Deve aver preso alla lettera le indicazioni del premier: Giuseppe Conte, da avvocato, ama dire che «bisogna vedere le carte» (vedi alla voce Aspi, e non solo). Detto e fatto: da Palazzo Chigi c’è chi esce dal portone per attraversare la piazza e recarsi da uno dei vari "maghi" che offrono le loro premonizioni a fianco della Galleria Alberto Sordi. Un rituale, evidentemente: con metodicità, al calar della sera, quando la gente in giro è ormai poca, una volta alla settimana ecco la cerimonia della cartomanzia.

Tarocchi: nel palazzo del potere è un termine che qualcuno non abbina ai falsi che danneggiano i grandi marchi del made in Italy, ma alla predizione del futuro. Qualcuno teme che la ricerca affidata agli esperti della lettura delle carte non riguardi storie d’amore e affari personali, ma quelli del Paese. Magari per scrivere una "manovra" questi personaggi sono anche utili: in fondo, diceva John Kenneth Galbraith, «gli economisti servono soprattutto per dare rispettabilità agli astrologi». E allora, sarà stato questo il ragionamento, tanto vale andare proprio dai maghi per sapere qualcosa sul futuro: anche perché il loro ufficio, su strada, è sempre aperto. Mica sono dipendenti pubblici, per andare dai quali c’è bisogno di fissare un appuntamento, farsi misurare la temperatura ed indossare una mascherina.
 

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