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Dopo la gaffe la furia. Di Stefano avvelenato sui social attacca il leader "frustrato"

che scivolata a un giorno da pecora

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Dopo la gaffe social per aver chiamato "libici" i cittadini del Libano per manifestare solidarietà dopo la drammatica duplice esplosione di Beirut, il sottosegretario agli Esteri Manlio Di Stefano, del Movimento 5 stelle, va al contrattacco e se la prende praticamente con tutti dalla propria pagina Facebook.

"Non ho mai ambito alla fama, quelli come me, ingegneri di formazione, preferiscono lavorare duramente nell’ombra e portare a casa i risultati. Eppure oggi mi trovo addirittura primo nelle tendenze di Twitter e in home page di svariati giornali.
Sarà per l’enorme successo del “Patto per l’Export” col quale stiamo aiutando centinaia di migliaia di aziende italiane ricevendo complimenti quotidianamente da tutte le associazioni di categoria da Confindustria in giù? Sarà perché in questi due anni da Sottosegretario in tutti i Paesi target della mia azione (e sono tanti) l’export italiano è aumentato mediamente di almeno il 15%?
Sarà perché mi occupo da anni anche di Libano dal punto di vista sia politico che commerciale e proprio il 6 luglio ho incontrato il Ministro degli Esteri Nassif Hitti ribadendogli, come già fatto al Ministro dell’Energia, la nostra disponibilità ad aiutarli a ristrutturare le centrali elettriche nazionali per aiutare il popolo libanese? No. No. No e No. Sarebbe troppo lineare, non sarebbe il web, tantomeno la stampa italiana".

"Tutte queste attenzioni - continua furioso Di Stefano - mi si rivolgono perché per stanchezza, e quindi distrazione, ho scritto “libici” invece di “libanesi” in un tweet di sostegno dopo l’esplosione di ieri, da me stesso cancellato pochi istanti dopo, corretto e ripubblicato. Credetemi, io sono felice che qualcuno goda a sentirsi migliore di me, se posso evitargli lo psicologo con così poco è un bene. Sono anche felice che frustrati come Carlo Calenda abbiano trovato un nemico immaginario per consolarsi per la loro magrissima carriera. Sono felice persino che giornali ormai dimenticati dai lettori trovino qualche click tra gli haters della rete. D’altronde da nessuno di loro mi sarei aspettato la capacità di verificare se il tweet esistesse ancora o fosse stato corretto oppure se gli hashtag fossero correttamente riferiti al Libano, accorgendosi da soli che avevo inserito Beirut, che certo non è Tripoli. Sarebbe stato troppo anche ricordarsi che su Libia e Libano lavoro direttamente da tempo avendo incontrato, recentemente, anche Ahmed Maitig, in qualità di vice di Al Serraj. Troppa attenzione richiesta, no, non sarebbe stato da web".

"Torno a lavorare miei cari - la conclusione di Di Stefano -  a occuparmi di ciò per cui ricevo ringraziamenti ogni giorno, quelli non finiranno mai in home page ma ripagano molto di più perché sono utili al Paese".

Non è tardata la risposta di Carlo Calenda: "Magrissimo? Questo davvero non me lo aveva mai detto nessuno...".

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