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Giancarlo Pittelli perseguitato dai pm e il Palazzo sta zitto

Deputato azzurro per diverse legislature, è in carcere da sette mesi. A parte Sgarbi e la grillina Lapia nessuno è andato a trovarlo

Francesco Storace
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Non esiste uno straccio di interrogazione parlamentare per conoscere i motivi di una lunga detenzione cautelare. Non c’è un deputato o senatore che lo sia andato a trovare, anzi, una c’è stata, la parlamentare sarda dei Cinque Stelle, Maria Lapia. Poi, un intervento di Sgarbi e il silenzio.

Giancarlo Pittelli è in galera da sette mesi. Deputato azzurro per varie legislature, fu arrestato durante la spettacolare esecuzione di centinaia di ordini di custodia cautelare firmati dal procuratore calabrese Gratteri.

Accuse pesantissime, di ‘ndrangheta. Che poi, col passare dei mesi, si sono affievolite. Non ci sono più i cosiddetti reati-fine – quelli che comprovano la partecipazione ad un’associazione mafiosa – è rimasto solo il cosiddetto «concorso esterno» senza un solo elemento indiziario per provarlo.

Massimo rispetto per gli inquirenti: ma si può chiedere altrettanto per chi è in carcere senza che nessuno ne comprenda i motivi? Gli arresti domiciliari valgono solo per i mafiosi condannati e conclamati?

Giancarlo Pittelli è avvocato. E l’accusa di far parte delle cosche di ‘ndrangheta – quelle del vibonese – gli fu mossa per i suoi rapporti con i clienti. Come se un legale non dovesse parlarci. Stravagante, potremmo dire. Ma non gli faremmo certo una cortesia, considerando i metodi sbrigativi di certi inquirenti. Nessuno vuole sottrarre Pittelli al processo, ma va detto – e lo ha denunciato Il Riformista nei giorni scorsi – che non c’è uno straccio di interrogatorio. Per motivi ben precisi: almeno da detenuto Pittelli non vuole rinunciare a potersi difendere seriamente. E quindi non rispose al primo interrogatorio – quello che il codice definisce «di garanzia» – per avere il diritto di leggere la montagna di carte che lo coinvolgevano. E poi, quando a Nuoro – la galera dove lo hanno sbattuto – si è imbattuto nel magistrato locale che ovviamente ben poco può sapere dell’inchiesta calabrese e ha chiesto di essere ascoltato da chi lo indaga. Niente da fare...

Ora, il caso vuole che la Cassazione abbia annullato l’ordinanza di custodia cautelare con i reati-fine e quindi resti in piedi proprio la sola «associazione esterna». Ma senza aggravanti specifiche riguardanti singole attività criminale. Il che pare abbastanza curioso. Sono mafioso ma senza commettere reati, pare una detenzione ritagliata su misura. E inizialmente i reati che gli erano stati attribuiti erano rivelazione di segreti d’ufficio e abuso d’ufficio in concorso con i suoi clienti e col colonnello dei carabinieri Giorgio Naselli. Fatto sta che i clienti sono ai domiciliari e Naselli è proprio libero.
Pittelli, come professionista e come parlamentare, ha toccato importanti personalità del mondo giudiziario, vincendo anche contro chi già lo voleva in carcere come l’ex magistrato Luigi De Magistris, oggi sindaco di Napoli. E ora continuano a fargliela pagare. Ma le persone hanno anche una loro storia personale che adesso è stata infangata. Non aveva torto chi, come il prof. Francesco Carnelutti, diceva che «il processo è la pena». Ma fine pena mai senza reati specifici non si era ancora mai visto.

 

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