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Terremoto Centro Italia, nel decreto rilancio spariti ancora i soldi per la ricostruzione

Francesco Storace
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I terremotati del centro Italia possono aspettare. Neanche il decreto rilancio è servito per dare una svolta alle politiche per la ricostruzione. Si continuano a buttare centinaia di milioni di euro per contributi per l’assistenza alloggiativa agli sfollati anziché puntare sulla ricostruzione delle case. In aggiunta mettiamoci una burocrazia che fa impazzire chi voglia rimettere a posto casa sua e la carenza di personale che fa davvero impallidire chiunque assista ad uno spettacolo incredibile.

Il governo se ne frega. Decreto su decreto si stanziano decine e decine di miliardi di euro, ma un centesimo per il sisma 2016 non lo trovi mai.
E’ uno scandalo la valanga di quattrini al vento senza che si metta a punto un progetto per rientrare nelle loro abitazioni quei cittadini del Lazio come dell’Umbria, dell’Abruzzo come delle Marche stravolti nei loro destini dalla furia della terra.

Ancora oggi – quattro anni dopo – ospitiamo con fondi pubblici almeno 33mila sfollati delle quattro regioni. Stanno negli alberghi e nelle residenze più varie e parte di essi ci si sta abituando. Quella somma sta diventando una specie di reddito di terremotanza: una famiglia con massimo tre persone riceve 600 euro al mese. Se vivi da solo sono 300. Poi arrivano altri 200 euro a testa se nel nucleo familiare ci sono ultra65enni o disabili oltre il 67% di invalidità. Moltiplicate tutto per 50mila e a tenersi bassissimi la spesa minima dello Stato è di circa 120 milioni di euro l’anno. Per quattro anni mezzo miliardo di euro. Tutto questo rischia di durare un periodo infinito: ma non si doveva ricostruire? Già, perché la ricostruzione ci sarà, ma aggiungendo i contributi per l’affitto arriveremo a cifre pazzesche. Oltre settemila cittadini abruzzesi; più di mille nel Lazio; quasi 21mila marchigiani e poco meno di cinquemila umbri attendono risposta.

La tempistica inciderà non poco. Soprattutto per i privati. Racconta Paolo Trancassini, che assieme a Francesco Acquaroli ed Emanuele Prisco ha condotto per Fratelli d’Italia un’autentica battaglia emendativa anche nella discussione sul decreto rilancio approvato ieri, a proposito delle incredibili contorsioni di governo. Sono stati proposti emendamenti per abbattere norme urbanistiche che impediscono di cominciare qualsiasi lavoro. Bocciati. Sono state proposte proroghe per il personale della ricostruzione, che è in scadenza. Bocciate. Da quattro anni si combatte decreto su decreto per infilare articoli e commi per ridare speranza alle popolazioni colpite e da quattro anni si promette che “ce ne occuperemo nel prossimo decreto”. Sibila Trancassini: “Aspettiamo anche questa volta il prossimo decreto, lo chiameremo finimola”…
Macerie da quattro anni, gli esponenti di Fdi avevano proposto almeno uno straccio di ordine del giorno per “garantire, sin dal prossimo decreto, così come più volte assicurato, la semplificazione e accelerazione della ricostruzione privata in favore delle popolazioni colpite dagli eventi sismici del 2016, cancellando il requisito della ‘conformità urbanistica’”.  Che è il vero ostacolo alla ripartenza. E poi, la proposta di “attuare misure di potenziamento del personale impiegato nella ricostruzione e prorogare il personale in scadenza”. Risultato? SI è alzato in piedi il viceministro Misiani per proporre modifiche al testo. Volete sapere come? Così, “impegnare il governo a valutare” bla-bla-bla. Sono quattro anni che “si valuta”. E il parere contrario del governo ha determinato persino la bocciatura dell’ordine del giorno. Nel silenzio di tutti quelli, da tutti i partiti, che a chiacchiere avevano invocato spazi emendativi – a costo zero – nel decreto plurimiliardario.

Lo stesso commissario per la ricostruzione Legnini ha sollecitato procedure semplificate perché lo stato di attuazione delle opere “è molto basso”. Ma anche Legnini ha dovuto rinunciare ai suoi obiettivi. A Palazzo Chigi e al ministero dell’Economia non hanno tempo per i terremotati.

Ultima chicca, proprio a Montecitorio. Da anni, la Camera accantonava i risparmi di esercizio, pari a 80 milioni ad ogni bilancio, per aiutare i terremotati anche se nessuno ha mai capito come. Nell’anno di grazia 2020, il Covid ha folgorato il presidente Fico che li voleva destinare a medici e infermieri. Sacrosanto, ma proprio ai terremotati volete toglierli?, ha protestato l’azzurro Baldelli. Con tutti i miliardi del decreto rilancio, proprio a chi sta da quattro anni senza casa dovete sottrarli. E’ finita in pareggio: metà per il sisma, metà per i sanitari. Bentrovati in Italia.

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