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In Italia tanti prestiti e pochi fondi alle imprese. Nel resto d'Europa invece...

Il premier Giuseppe Conte

La Germania stanzia contributi pari al 10% del Pil

Luigi Frasca
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Più che un decreto "rilancio" è un decreto "barriera", cioè le nuove norme varate dal governo Conte, che impegnano 55 miliardi di euro, non sostengono la "ripartenza" quanto solo la "resistenza" di fronte ad altri mesi che si annunciano molto difficili per imprese e lavoratori. Gli altri paesi europei, Germania in testa, hanno scelto una strategia diversa. Hanno preferito stanziare più soldi a fondo perduto, e più velocemente (fino a 15 mila euro in tre mesi per ogni impresa tedesca), per dare una spinta alle aziende e un impulso più deciso all'economia. Dunque, più finanziamenti a fondo perduto e meno garanzie per prestiti, come invece ha fatto l'Italia. Lo stesso presidente Usa Donald Trump, oltre a prevedere per i lavoratori soldi per andare avanti (peraltro accreditati direttamente sul conto corrente senza moduli o certificati), ha stabilito una serie di finanziamenti alle aziende in base al tasso di occupazione mantenuto (meno licenziamenti più fondi pubblici). Certo, ogni Paese ha fatto delle scelte in base alla propria disponibilità. Fatto sta che l'Italia ha destinato agli aiuti diretti quasi il 4 per cento del suo Pil (7 per cento se si contano anche i soldi per ricapitalizzare le imprese). E gli altri paesi europei? Ebbene, secondo i dati del centro studi Brugel Institute, la Germania è stata la più generosa (del resto ha un debito pubblico che è la metà del nostro): la cancelliera Merkel ha stanziato il 10,1 per cento del Pil di contributi diretti. Più indietro il Regno Unito (4,5% del Pil) e la Francia (2,4%). All'Italia spetta il record per garanzie statali per prestiti alle imprese: il 29,8 per cento sul Pil, la Germania è al 27,2, il Regno Unito al 14,5, la Francia al 14, la Spagna al 9,1 per cento. Insomma, una strategia più prudente, quella italiana, che però rischia di dare meno frutti e di rallentare il rilancio.   

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