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Quando l'ex grillino Grassi difendeva le multe ai voltagabbana

Il senatore Grassi

In campagna elettorale scrisse sul blog un intervento a favore del vincolo di mandato. Ora pagherà i 100 mila euro?

Alberto Di Majo
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Il senatore Ugo Grassi ha lasciato il M5S ed è approdato alla Lega di Salvini. Pagherà i 100 mila euro di multa previsti dai 5 Stelle per gli eletti che abbandonano il MoVimento? Bè, dovrebbe farlo, visto che è stato proprio lui, professore di diritto civile all'università di Napoli, a sostenere la tesi che la misura, molto contestata dai critici dei 5 Stelle e dai giuristi, fosse invece legittima. L'ha scritto nero su bianco il 23 febbraio 2018. Allora era un candidato del MoVimento 5 Stelle al Senato. "È noto che il M5S ha chiesto ai suoi candidati di sottoscrivere una clausola anti “floor crossing” (in italiano: clausola anti defezione)", esordiva Grassi, che poi se la prendeva con "quei commentatori a digiuno di storia delle Costituzioni" e invitava a "studiare un po' (studiare fa sempre bene; se i nostri avversari lo facessero, sarebbero un po' più competenti ed il dialogo democratico ne trarrebbe giovamento)". Per approfondire leggi anche: Di Maio perde altri pezzi Ebbene, spiegava dopo una lunga disamina degli aspetti normativi, "il divieto di mandato imperativo reca con sé il principio di lealtà verso le idee politiche difese in campagna elettorale ed in forza delle quali si è stati votati. Il civilista, qual io sono, non ha difficoltà a ricordare che qualunque contratto deve essere eseguito secondo correttezza e buona fede. Dunque il principio di cui all'art. 67 cost. ha un suo interno limite: quello della lealtà verso l'elettore". Citava anche una sentenza in cui la Corte costituzionale sudafricana si era occupata del tema stabilendo che "le clausole antidefezione previste dalla legislazione erano ritenute valide in un momento di emergenza democratica giacché servivano a rendere palese quell'implicito principio di lealtà che ho sopra menzionato". Stessa situazione, osservava, dell'Italia. Anzi, "forse anche più grave di quanto si possa immaginare" visto che per colpa della legge elettorale "si è instaurata una forma di dittatura silenziosa", in cui domina un "blocco unitario di potere (non richiede dimostrazione il fatto che le forze politiche di destra e di sinistra costituiscono in realtà un partito unico al potere)".  Dunque, concludeva, "esplicitare il contenuto di lealtà e correttezza connaturato alla libertà di mandato di cui all'art. 67 cost. non è una violazione dell'articolo stesso, bensì una riconferma di esso, anche e soprattutto in ragione del valore fondante dell'art. 1 che ci ricorda che la sovranità appartiene al popolo. Non sarei allora così sicuro che la clausola anti defezione prevista dal nostro regolamento possa un giorno essere considerata nulla". Torniamo ad oggi. Le motivazioni del professor Grassi dovrebbero spingere il senatore Grassi a dimettersi da Palazzo Madama e a pagare la multa di 100 mila euro che lui stesso giustificava. Lo farà?

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