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Adesso il governo litiga sulla cannabis

La legalizzazione spacca ancora la maggioranza. Il ministero dell'Interno che prepara la chiusura dei negozi

Silvia Sfregola
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La legalizzazione della cannabis light spacca ancora la maggioranza. A picchiare duro è Matteo Salvini: «Mi aspetto che il M5S ritiri la proposta sulla droga libera, non è nel contratto di governo e non voglio lo Stato spacciatore». Una presa di posizione che fissa nel mirino un obiettivo preciso, l'alleato Di Maio: «Dico a Luigi che combattere la droga significa anche combattere la mafia». L'altro vicepremier, infatti, poco prima aveva tirato le orecchie al ministro dell'Interno: «La lotta alla droga è come la pace nel mondo: la vogliamo tutti. Ben venga che Salvini voglia chiudere i negozi irregolari, ma lo pregherei di chiudere anche le piazze di spaccio della Camorra e della Mafia». Come spesso accade, è il presidente del Consiglio a dover mediare tra le due anime del suo esecutivo. « Cannabis light? Ho un'agenda molto fitta, questo non è all'ordine del giorno», dice infatti Giuseppe Conte, a margine del vertice Ue di Sibiu, in Romania, provando a spegnere il fuoco delle polemiche Il responsabile del Viminale, però, non ha nessuna intenzione di abbassare i toni, così passa «dalle parole ai fatti». Elogia le forze dell'ordine per la chiusura di 3 cannabis shop nelle Marche, dove sono state riscontrate irregolarità nella vendita e rilancia: «Comincia la guerra, via per via, quartiere per quartiere, città per città. Gli spacciatori di morte in Italia non li voglio, il loro posto è la galera». E annuncia una Direttiva sul 'modello Maceratà che «può essere replicato con successo in tutta Italia», che poche ore dopo mette nero su bianco, sulla carta intestata del ministero. Il caso monta di ora in ora, così è il senatore pentastellato, Matteo Mantero, chiamato in causa proprio dal segretario leghista, a intervenire nel dibattito. «Salvini non sa distinguere un fiore di canapa industriale senza effetti psicotropi dalle 'droghè come le chiama lui... ma di marketing ne sa a pacchi, probabilmente le vendite del suo libro non vanno bene e punta ad una percentuale su quelle del mio romanzo?», rintuzza via Facebook. Mentre il compagno di partito e presidente della commissione Affari Costituzionali di Montecitorio, Giuseppe Brescia, getta altra benzina sul fuoco: «Sono convinto che la proposta Mantero sarebbe da depositare anche alla Camera». Intanto, dalla Sicilia Di Maio chiede al suo 'sociò governo di di fissare un appuntamento per parlare di Flat tax e salario minimo orario, «invece di andare a scartabellare le proposte di legge dei singoli senatori che non hanno i numeri in Parlamento per essere approvate». Ma Salvini controrilancia con una provocazione: «La droga fa male, se bisogna legalizzare qualcosa, allora parliamo della prostituzione, che far l'amore fa bene». Non è solo la cannabis a dividere Cinquestelle e Carroccio, anche se il ministro del Lavoro è certo che «questo governo può andare in crisi solo sul tema della corruzione», facendo un chiaro riferimento al caso Siri, risolto con la revoca del sottosegretario al Mit decisa dal premier in Consiglio dei ministri. Ma sul piatto restano nodi molto importanti da sciogliere, come la riforma del fisco, le grandi opere (Tav su tutte), gli aiuti a famiglie e alle giovani coppie e l'Autonomia (il pentastellato Sergio Battelli conferma l'impegno a farla «ma no a mostri giuridici» che creano disparità tra cittadini o «pasticci come l'abolizione delle Province di Delrio»). Se ne riparla dopo le elezioni europee del 26 maggio, però. Sperando che la campagna elettorale non lasci segni indelebili.

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