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Milleproroghe, il governo pone la fiducia. Scontro col Pd che occupa Montecitorio

La decisione ha scatenato le ire della minoranza

Carlo Antini
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La prima volta non si scorda mai. Dopo 100 giorni anche per il governo Lega-M5S arriva il momento di porre la questione di fiducia. La decisione si è resa necessaria dopo che l'ostruzionismo delle opposizioni alla Camera, già dalla discussione generale, rischiava di far slittare i tempi di approvazione del decreto Milleproroghe, in scadenza il prossimo 23 settembre e con un altro passaggio in Senato da dover fare, in virtù delle correzioni apportate dalle commissioni Affari costituzionali e Bilancio di Montecitorio. Per evitare di arrivare con l'acqua alla gola, o peggio ancora di vedersi scadere sotto al naso, da Palazzo Chigi è arrivato l'ok ad esercitare quella "delega preventiva" affidata al ministro per i rapporti con il Parlamento, Riccardo Fraccaro, già in fase di varo dal Consiglio dei ministri. La decisione ha scatenato le ire della minoranza, come era facile prevedere dopo che i toni dello scontro con la maggioranza avevano già ampiamente superato i "livelli di guardia" su temi caldissimi, come i vaccini e lo stralcio delle risorse (1,6 miliardi) al bando periferie, eredità del precedente governo. Per Pd, Forza Italia è Fratelli d'Italia la fiducia sul Milleproroghe è illegittima, perché autorizzata dal Cdm dello scorso 24 luglio, ovvero un giorno prima che il decreto fosse pubblicato in Gazzetta ufficiale. A sollevare il tema è stato Roberto Giachetti (Pd), seguito a ruota dall'ex ministro per i Rapporti con il Parlamento, Maria Elena Boschi, che in aula alla Camera ha sottolineato come sia «impossibile decidere la fiducia prima che il presidente della Repubblica abbia firmato il decreto e che questo sia stato pubblicato in Gu». Tesi avvalorata anche dal forzista Francesco Paolo Sisto e da Tommaso Foti (Fdi). Il governo, però, rispedisce al mittente tutte le accuse. «È prassi farla ed è perfettamente legittima, anche dal punto di vista regolamentare. Le opposizioni hanno sollevato questioni di merito che per noi non hanno fondamento», replica il ministro per i rapporti con il Parlamento, Riccardo Fraccaro. «Questo punto lo abbiamo verificato con gli uffici di Palazzo Chigi già da quando ci siamo insediati e non solo è legittimo, ma ci sono anche i precedenti», spiega. Ma le opposizioni recriminano anche sul fatto che il testo su cui è stata posta la fiducia non è quello varato dal Consiglio dei ministri, dunque lamentano la mancata convocazione di una nuova riunione del Cdm per approvare un nuovo decreto che "assorbisse" le modifiche delle commissioni parlamentari e dell'aula del Senato. «Non è vero, perché dal punto di vista formale è tutto regolare, mentre dal punto di vista sostanziale conta la volontà del governo», rintuzza ancora l'esponente del M5S. Che prosegue: «Se avessero ragione le minoranze significherebbe che tutte o quasi tutte le fiducie dei governi precedenti, a guida di tutte le opposizioni oggi rappresentate nel Parlamento, hanno commesso delle illegittimità». Per Fraccaro «è legittimo che le opposizioni cerchino di rallentare l'approvazione di un provvedimento che non condividono, lo abbiamo fatto anche noi in passato, ma non c'è nessuna sostanza. Si tratta di una questione burocratica perché qui siamo in ambito politico e conta la volontà politica, e quella del governo è condivisa, unanime ed è questo che ci interessa». Spiegazioni che non convincono il capogruppo del Pd alla Camera, Graziano Delrio, il quale non cambia idea: «È molto grave avere posto la fiducia, perché illegittima. C'è totale chiusura dalla maggioranza». Posizione ribadita anche in conferenza dei capigruppo, dove è mancato l'accordo tra le parti per stabilire data e ora del voto finale sul Milleproroghe. L'ipotesi è che la partita si possa comunque chiudere entro sabato, proprio sul filo di lana per organizzare il passaggio finale in Senato, forse con una nuova fiducia. La certezza è che fino al 23 settembre la coda delle polemiche faticherà a ritirarsi.

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