Cerca
Logo
Cerca
Edicola digitale
+

"C'è la mafia a Ostia". Era il 1996

I verbali del super pentito Riva che 19 anni fa svelava quanto oggi viene alla luce. Ecco le origini della mala sul litorale tra omicidi, spaccio e relazioni pericolose

  • a
  • a
  • a

«L'azione venne studiata davanti a un piatto di spaghetti al ristorante di Ostia Antica. Decidiamo di eliminare Salomone e Vittorio Carnovale perché erano ingordi. Avevano estorto milioni a un certo Caprotto e se li erano spartiti fra loro». La criminalità organizzata comanda da tempo su Ostia. Era già stato scritto dal 1996, quando il pentito Raul Riva inizia a collaborare anticipando la stessa ragnatela di nomi, date, spartizione degli affari che oggi rispolvera l'inchiesta Mafia Capitale. Un primo faro su quello che è rimasto per diciannove anni il porto delle nebbie. Spaccio, omicidi, agguati, rappresaglie e pericolosi criminali che si nascondono lungo le spiagge di Ostia. Le affermazioni del pentito Raul Riva vengono ritenute dai giudici «attendibili e fondate». Parole che permettono agli inquirenti di dare il via all'operazione «Valle Verde» o all'inchiesta «Black Beach». Del resto Riva, la prima persona ad alzare il sipario dietro al quale andava in scena «Ostia Criminale», non è un malavitoso qualsiasi. Per convincere gli inquirenti della veridicità delle sue affermazioni, si «autoaccusa di numerosi delitti in materia di traffico di sostanze stupefacenti, iniziando a collaborare con la giustizia nel mese di luglio del 1996, successivamente all'omicidio del fratello Gianluca, avvenuto a Ostia il 7 luglio». «La testimonianza del Riva - scrivono gli inquirenti - coinvolgeva nelle attività di traffico di hashish anche i fratelli Vito e Vincenzo Triassi, conosciuti nel corso del 1989, tramite un suo precedente socio nello smercio dello stupefacente, Giuseppe Blandina. Quest'ultimo, attraverso Pietro Caccamo, proprietario di una fabbrica di jeans in Marocco, aveva trovato il modo di reperire ingenti quantitativi di hashish e di trasportarli in Italia con autocarri frigorifero dotati di doppiofondo». Tutte parole pronunciate quasi due decenni fa. E rilette oggi non si scostano di molto dai contenuti delle carte sulle ultime inchieste giudiziarie della procura di Roma sulla criminalità a Ostia. «I siciliani avevano estromesso il Blandina dal traffico», racconta il collaboratore. «Per questo motivo - aggiungono gli inquirenti - Riva affermava di essere stato costretto ad acquistare l'hashish dai fratelli Triassi, che ormai detenevano il monopolio del traffico di tale narcotico in Ostia». Il pentito spiega l'immenso giro di denaro che le organizzazioni criminali responsabili degli illeciti a Ostia potevano gestire grazie al traffico della droga. Il suo rapporto con i Triassi era talmente forte che «Vincenzo e Vito, sempre secondo la testimonianza del Riva - si legge negli atti - lo avevano raggiunto a Malaga per organizzare una spedizione di hashish (…) Durante la loro permanenza in Spagna avevano appreso del provvedimento restrittivo emesso nei confronti del Vincenzo e con l'aiuto di Raul Riva, che gli aveva procurato un appartamento in zona, erano riusciti a sottrarsi alla cattura. I Triassi, temendo possibili fughe di notizie sulla loro latitanza, avevano comunque minacciato Riva, facendo riferimento alla loro appartenenza alla famiglia Caruana-Cuntera». Quasi sempre i Triassi sono stati prosciolti da ogni accusa, ma le affermazioni del pentito sono state ritenute attendibili. Così fondate che, il 2 luglio del 1998 «improvvisamente erano ricomparsi a Roma anche i fratelli Triassi, convocati dal pm, sulla base delle dichiarazioni rese dal collaboratore di giustizia Raul Riva nell'ambito dell'inchiesta relativa al traffico di sostanze stupefacenti, Bleach Beach». Già negli anni '90, gli inquirenti, spinti dalla dichiarazioni di Riva, pensavano che i Triassi avessero la loro base operativa sul litorale romano. Ostia sarebbe stata un luogo talmente sicuro da permettere di nascondere un latitante del calibro di Pasquale Cuntera, nato a Siculiana e latitante dal 1984. Droga, latitanti e omicidi. Tre parole, anche queste, ancora attuali. «L'azione viene studiata davanti a un piatto di spaghetti al ristorante di Ostia Antica. Erano ingordi», spiega sempre Riva agli inquirenti cercando di far capire le dinamiche che ruotano intorno alla malavita del litorale. Ad affiancare la Saab di Pietro Sante Corsello con a bordo Salomone, Carnovale, Dante Del Santo e Alessio Gozzani era stata l'auto di Ottorino Addis. Riva parla a ruota libera. Del resto nel luglio del '96, quattro mesi dopo l'omicidio dello stesso Ottorino Addis (fiancheggiatore degli estremisti di destra e vicino alla banda della Magliana) era stato ucciso anche Gianluca Riva, fratello di Raul e amico di Addis. Lo stesso Raul, era stato vittima di un attentato. Qualche settimana prima dell'omicidio del fratello, mentre abbassava la saracinesca del suo alimentari, era stato raggiunto da 8 proiettili. Sopravvissuto miracolosamente, era scomparso da Ostia. Secondo gli investigatori gli episodi erano accomunati dalla stessa matrice, la faida per controllare lo spaccio sul litorale. Ieri come oggi. La stessa faida che si è riproposta in tempi più recenti. Infatti il lungomare di Ostia, dove quattordici chilometri di concessioni e di stabilimenti balneari sono in grado di fruttare 60 milioni di euro a stagione, è stato per anni al centro degli interessi delle cosche, in particolare, secondo gli inquirenti, delle tre famiglie che governano il litorale romano: i Fasciani, gli Spada e i Triassi. Se si leggono le ultime carte di Mafia Capitale 2 i riferimenti non mancano. I Fasciani vengono citati dai Ros accanto al nome Carminati. «La capacità di interlocuzione di Carminati con la criminalità organizzata insediata a Ostia ha trovato nelle parole di Buzzi una conferma», scrivono gli inquirenti. Il ras delle coop, volendo espandere i suoi affari a Ostia, «allo scopo di evitare problemi con la criminalità locale», afferma: «Ne devo parlare con Massimo per sta' assicurato contro la malavita». Ostia era nelle mire dei Fasciani e di Mafia Capitale. Nel secondo atto dell'inchiesta è finito ai domiciliari anche Andrea Tassone, ex minisindaco Pd del X municipio sostituto dal magistrato Alfonso Sabella, inviato dal sindaco Marino per «fare pulizia» sul litorale. A causa delle «non più sostenibili infiltrazioni mafiose all'interno della macchina amministrativa municipale» Tassone si era dimesso. Del resto Buzzi spiegava: «Tassone è mio».

Dai blog