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Giudice fa sesso con un minore. Assolto

L'incredibile vicenda di un magistrato beccato nel bagno di un cinema. Arrestato. Condannato in primo grado, assolto. E poi pure promoss. Episodio raccontato nel libro "Magistrati l'Altra casta" di Stefano Livadiotti

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Quella che segue è una storia incredibile. Ma vera. Una storia emblematica. Una storia che testimonia come la legge non sia uguale per tutti, specie se l'accusato indossa la toga. «Sono le 18 di un freddo pomeriggio di dicembre quando X, rispettabile magistrato di Corte d'appello con funzioni di giudice del Tribunale di Milano, fa il suo ingresso nella sala dell'Ariel, piccolo cinema all'estrema periferia occidentale di Roma. Sullo schermo proiettano il western "La stella di latta". Ma (...) a X, che ha ormai 41 anni suonati, dei cow-boy non frega proprio un fico secco (...) è in cerca di tutt'altro. Così, dopo aver scrutato a lungo nel buio della platea, individua il suo obiettivo. E, quatto quatto, scivola sulla poltroncina accanto a quella occupata dal quattordicenne I.M. Quello che succede in seguito lo ricostruisce il verbale della pattuglia del commissariato Monteverde». Sul posto c'è un appuntato di Ps fuoriservizio, il quale, recita il verbale "riferiva che verso le 19, mentre assisteva in sala alla proiezione del film, aveva sentito gridare dalla zona toilette: 'zozzone, zozzone, entra in direzione!'. Accorso, aveva trovato il teste Z. che, indicandogli i due, affermava di averli sorpresi all'interno di uno dei box dei gabinetti, intenti in atti di libidine (...) Il minorenne, a sua volta, raccontava che era seduto nella platea del cinema quando un individuo si era collocato sulla sedia vicina: poco dopo questi aveva allungato un mano toccandogli dall'esterno i genitali. Egli aveva immediatamente allontanato quella mano e l'uomo se n'era andato. Ma dopo dieci minuti era ritornato, rinnovando la sua manovra. Questa volta egli aveva lasciato fare e allora l'uomo gli aveva sussurrato all'orecchio la proposta di recarsi con lui alla toilette, promettendogli del denaro. Egli s'era alzato senz'altro, dirigendosi alla toilette, seguito dall'uomo. Entrati nel box, l'uomo gli aveva sbottonato i calzoni, ed estratto il pene lo aveva preso in bocca"». «Ma la storia che comincia nella sala dell'Ariel giovedì 13 dicembre 1973, per concludersi ingloriosamente 8 anni dopo, va ben oltre lo squallido episodio di cronaca (...). Quel giorno, e non potrebbe essere altrimenti, X viene arrestato. Vostro Onore cerca disperatamente di negare l'evidenza. S'arrampica sugli specchi, raccontando di aver pensato che il ragazzino si sentisse male e di averlo quindi seguito nel bagno proprio per assisterlo. Ma (...) l'istruttoria conferma la versione della polizia. Così, il Tribunale di Grosseto rinvia a giudizio X per atti osceni e corruzione di minore. E, il 28 dicembre 1973, si muove anche la sezione disciplinare del Csm, che lo sospende dalle funzioni. X sembra davvero un uomo finito. Ma non è così. Il 21 gennaio 1976, il verdetto offre la prima sorpresa (...) Il tribunale della ridente cittadina dell'alta Maremma ritiene che, "atteso lo stato del costume", l'atto compiuto da X nella sala del cinema vada considerato soltanto come contrario alla pubblica decenza. Come, "atteso lo stato del costume"? Cosa succedeva all'epoca nei cinema di Grosseto: erano un luogo di perdizione e nessuno lo sapeva? Boh. Andiamo avanti: "Conseguentemente, mutata la rubrica nell'ipotesi contravvenzionale di cui all'articolo 726 del codice penale, lo condanna alla pena di un mese di arresto. Per quanto poi riguarda la seconda parte dell'episodio, esclusa la procedibilità ex officio, essendo ormai il fatto connesso con una contravvenzione, proscioglie il X per mancanza di querela dal delitto di corruzione". Ma sia X sia il procuratore generale presentano ricorso . «Si arriva così all'8 marzo 1977, quando a pronunciarsi è la corte d'appello di Firenze, che ribalta il precedente giudizio. Ma lo fa a modo suo. Per i giudici di secondo grado, quelli di X sono atti osceni. Però, siccome il primo approccio con il ragazzino è avvenuto nella penombra e l'atto sessuale si è poi consumato nel chiuso del gabinetto, il fatto non costituisce reato. X se la cava con una condanna a 4 mesi, con la condizionale, per la sola corruzione di minori. E di nuovo, non contento, ricorre (...) Il 30 marzo 1979 "la Corte suprema annulla senza rinvio limitatamente al delitto di corruzione di minorenne, a seguito dell'estinzione del reato in virtù di sopravvenuta amnistia". Amen. X era definitivamente sputtanato davanti a tutti i colleghi. Ma senza più conti in sospeso con la legge. E tanto bastava al Csm, che il 29 giugno revocava la sua sospensione, rigettando una richiesta in senso contrario del procuratore generale della Cassazione, perché "le circostanze non giustificavano l'ulteriore mantenimento di una sospensione durata cinque anni e mezzo". A X restava da superare solo un ultimo scoglio: il verdetto della sezione disciplinare. Ed è proprio in quella sede che la storia assumerà i toni più grotteschi. La sceneggiata finale, come racconta la sentenza (...) si svolge il 15 maggio 1981, quando si riuniscono i magnifici 9 della giuria che deve esaminare il dossier n. 294. (...) La sentenza offre un campionario di spunti dalla comicità irresistibile (...) "Veniva anche sentito il medico curante, dottor G., che testimoniò di aver sottoposto il X a intense terapie nel 1970 a causa di un trauma cranico riportato per il violento urto del capo contro l'architrave metallico di una bassa porta (...)". Vostro Onore, insomma, aveva dato una craniata. E allora? "(...) il paziente accusò per vari mesi preoccupanti disturbi, quali cefalee intense, sindromi vertiginose, instabilità dell'umore, turbe mnemoniche. Le ulteriori terapie praticate diedero temporaneo sollievo, ma vi furono frequenti ricadute, soprattutto di carattere depressivo, che si protrassero fino al 1972" (...) la seconda chicca è la testimonianza dell'amico notaio M, che ha ricordato "(...) il fidanzamento del dottor X con la sorella, assolutamente ineccepibile sul piano morale per i 4-5 anni durante i quali egli ha frequentato la famiglia" (...) Nonostante le strampalate deposizioni, gli illustri giurati sembrano decisi a fare sul serio (...) "I fatti - tagliano corto - vanno assunti così come ritenuti dai magistrati di merito dei due gradi del giudizio penale". Poi, però, cominciano a tessere la loro tela. "E tuttavia ciò che colpisce e stupisce, in tutta la dolorosa e squallida vicenda, è la constatazione che l'episodio si staglia assolutamente isolato ed estraneo nel lungo volgere di un'intera esistenza, fatta di disciplina morale, di studi severi e di impegno professionale". Come diavolo abbiano fatto a stabilire che "l'episodio si staglia assolutamente isolato", i giurati lo sanno davvero solo loro. Ma andiamo avanti (...). Per cui "O l'episodio ha avuto carattere di improvvisa e anormale insorgenza, quasi di raptus, la cui eziologia va ricercata e messa in luce; oppure se, al di sotto delle apparenze, sussiste effettivamente una natura sessuale deviata o almeno ambigua, è doveroso stabilire perché mai essa si sia rivelata soltanto e unicamente in quell'occasione, durante tutto il corso di un'intera esistenza". L'alto consesso propende, ça va sans dire, per la prima delle due ipotesi. (...) I giudici dei giudici preparano il gran finale, citando il parere pro veritate di due professori, scelti naturalmente dalla difesa di X. "Secondo gli psichiatri l'episodio in esame, non soltanto costituisce l'unico del genere, ma esso, anzi, ponendosi in netto contrasto con le direttive abituali della personalità, è da riferirsi a quei fatti morbosi psichici che, iniziatisi nel 1970, si trovavano in piena produttività nel 1973, all'epoca del fatto. Durante il quale, pur conservandosi sufficientemente la consapevolezza dell'agire, restò invece completamente sconvolta la 'coscienza riflettente', cioè la rappresentazione preliminare degli aspetti etico-giuridici della condotta da tenere e delle sue conseguenze. Il che ha reso inerte la volontà di inibire quelle spinte pulsionali su cui il soggetto non riusciva più a esprimere un giudizio di valore". Tutta colpa, dunque, della "coscienza riflettente", che era andata in tilt. Ma come mai? Chiaro: "Su tutta questa complessa situazione il trauma riportato nel 1970 ha svolto un ruolo – secondo i clinici – di graduale incentivazione delle dinamiche conflittuali latenti nella personalità, fino all'organizzazione della sindrome esplosa nell'episodio de quo". Vostro Onore, dunque, dopo la zuccata è diventato scemo? Neanche per sogno. Lo è stato, ma solo per un po'. "D'altra parte, poi, proprio l'alta drammaticità delle conseguenze scatenatesi a seguito del fatto, unita alle ulteriori cure e al lungo distacco dai fattori contingenti e condizionanti, hanno favorito il completo recupero della personalità all'ambito della norma, come è testimoniato dai successivi otto anni di rinnovata irreprensibilità". Adesso insomma Vostro Onore è guarito e può senz'altro rimettersi la toga. (...) Conclusione, in nome del popolo italiano: "La sezione assolve il dottor X perché non punibile avendo agito in istato di transeunte incapacità di volere al momento del fatto". Il procuratore se n'è fatta una ragione e non propone l'impugnazione (...) E, diligentemente, i giurati mettono la firma sotto una simile sentenza». Ma non finisce qui. Come scrive in «Il golpe dei giudici» nel '94 l'avvocato ed ex parlamentare radicale Mauro Mellini ( anche ex consigliere Csm ): «"A conclusione della vicenda X non solo aveva ripreso servizio, ma era stato valutato positivamente per la promozione a consigliere di Cassazione, conseguendo però tale qualifica con un ritardo di molti anni. E, avendo cumulato nel frattempo molti scatti di anzianità sul suo stipendio di consigliere d'appello, si trovò per il principio del trascinamento a portarsi dietro, nella nuova qualifica, lo stipendio più elevato precedentemente goduto grazie a tali scatti e a essere quindi pagato più di tutti i suoi colleghi promossi in tempi normali. Questi ultimi, allora, grazie all'istituto del galleggiamento, ottennero un adeguamento della loro retribuzione al livello goduto dal nostro magistrato (...) Pare che tale marchingegno abbia comportato per lo stato un onere di oltre 70 miliardi". Tanto è costato ai cittadini italiani il caldo pomeriggio del pedofilo in toga».

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