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La pista «Carlos» torna nei cassetti

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La procura chiede l'archiviazione del filone arabo (mai seguito per 30 anni). Eppure le «sinistre» coincidenze con la rete dello Sciacallo sono da brivido

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In straordinaria coincidenza con la ricorrenza della strage del 2 agosto 1980 alla stazione di Bologna, la procura locale ha chiesto l'archiviazione della cosiddetta inchiesta bis, ribattezzata «Carlos», dal nome del terrorista venezuelano che guidava una gigantesca rete sanguinaria internazionale. Una scelta che rispettiamo, ma che sorprende. E vi spieghiamo perché. A lungo è stato taciuto che prima della tragedia di Bologna i nostri apparati di sicurezza certificarono più volte il pericolo di un'azione eversiva di matrice araba in quel preciso periodo. L'allarme giunse dal centro-Sismi di Beirut guidato dal colonnello Giovannone. I timori nascevano dall'arresto a Bologna di Abu Anzeh Saleh esponente del Fplp. Il palestinese era coinvolto nel trasporto di lanciamissili che nel novembre '79 portò alla cattura ad Ortona di tre militanti di Autonomia operaia. La condanna di Saleh nel gennaio '80 sancì la rottura degli accordi riservati assunti con la resistenza palestinese: nessun'azione in Italia in cambio della facoltà di custodire e trasportare armi nel nostro territorio. I miliziani arrestati venivano scarcerati con espedienti vari e rispediti all'estero. L'intesa servì sin dall'inizio degli anni '70 sia a evitare attentati sia a ingraziarsi i paesi arabi produttori di petrolio in un periodo di crisi economica. Sorsero così tensioni con Israele che, secondo Cossiga, nel '73 avrebbe abbattuto per rappresaglia un aereo militare usato per restituire dei fedayn a Gheddafi. La crisi di Ortona palesò contrasti tra il Generale Dalla Chiesa, contrario al lodo anche per via del legame Fplp-Br, e il direttore del Sismi Santovito ad esso favorevole. Tale dissidio rifletteva lo sconvolgimento della nostra politica estera insorto dopo l'omicidio Moro. Negli anni della solidarietà nazionale l'Italia era considerata la Finlandia del Mediterraneo. Nel '77 il nostro paese venne persino escluso dal vertice atlantico di Guadalupa. Ma dopo il ritorno del Pci all'opposizione nel gennaio '79, seguito da un'evidente flessione elettorale, il primo governo Cossiga impresse agli affari esteri un'inversione a U, innescando un disastroso conflitto tra le due anime della nostra politica. Si pensi agli euromissili. L'installazione in Italia dei Cruise consentì alla Germania Federale, bisognosa di un precedente, di fare altrettanto. L'iniziativa italiana, scaturita dall'accordo Cossiga-Craxi, pose fine alla superiorità militare dell'Urss. Quest'ultima da tempo aveva puntato i suoi Ss20, missili capaci di colpire i paesi del vecchio continente risparmiando gli Usa. Era un'arma politica perché minava gli equilibri della guerra fredda. Incoraggiava le tendenze isolazioniste in Usa e intimidiva al contempo le democrazie europee. Gli euromissili decretarono il fallimento della strategia sovietica e l'inizio della fine dell'Urss. Nei mesi successivi alla nascita del secondo esecutivo Cossiga l'Italia partecipò ad operazioni riservate che comportavano la rinuncia ai gradi di autonomia ricavati nell'area mediterranea. Lo scontro con il Fplp - legato sia all'Urss sia a una rete internazionale con base a Parigi in rapporto con le Br - s'inserisce in questo scenario. Al pari del tentativo di rompere l'unità dell'Olp lusingando le componenti meno vicine a Mosca, reso evidente dalla dichiarazione per i diritti della Palestina effettuata a Venezia dalla Cee nel giugno '80. Ciò esasperò il contenzioso con il Fplp per il quale nel marzo '80 la nostra Ucigos (antiterrorismo) aveva rinnovato l'allerta. Secondo l'ufficiale del Sismi Sergio Di Napoli, l'allarme rosso scattò quando da Giovannone si seppe che il Fplp aveva commissionato a «Carlos lo Sciacallo» un'operazione in Italia. Le nostre autorità provarono a gestire l'emergenza in condizioni di enorme debolezza. La lotta interna alla Dc s'era appena risolta con la sconfitta della linea Zaccagnini-Andreotti e il rifiuto di alleanze con il Pci. Craxi neutralizzò a fatica l'opposizione intestina assicurando al Psi l'ingresso nel governo. Mentre lo scontro politico si acuiva l'11 luglio '80 l'Ucigos estese l'allarme al Questore di Bari. Si temeva un attacco al carcere speciale di Trani dove Saleh era detenuto. Eppure nell'istante in cui saltava in aria la stazione di Bologna nessuno evocò lo stato di pericolo in corso. Salvo Cossiga che negli ultimi anni di vita dichiarò di aver saputo all'epoca da un magistrato di Bologna, e dall'arma dei Carabinieri, che la bomba di Bologna destinata altrove detonò prima del dovuto. Chi irrise la testimonianza di Cossiga gradisce però le sue attribuzioni di responsabilità alla Francia e all'occidente nella tragedia aerea di Ustica del 27 giugno '80. Altro disastro consentito dalla doppia anima della politica italiana, l'una sinergica alle operazioni dei nostri alleati e l'altra lesta ad avvisare Gheddafi dell'imminente agguato aereo: l'appartenenza all'Ovest in collisione con i nostri interessi in Libia. Sinistri inconfessabili, a Ustica come a Bologna. Altre strade servivano per ricomporre i nostri cocci di terracotta infrantisi tra il ferro di Parigi e Mosca. A poche ore dall'esplosione piombò a Bologna il capo del centro-Sismi di Firenze, non competente per la zona. Da Roma giunse l'alto dirigente dell'Interno responsabile per l'eversione nera. Il depistaggio della caldaia è una fiaba perché subito, sin dal 2 agosto, la Questura di Bologna indirizzò l'indagine a destra. L'allarme Fplp-Carlos svanì nel nulla. E all'epoca nessuno rivelò che proprio quel giorno l'Italia aveva firmato un accordo con Malta per impedire all'Urss di piazzare navi in un punto nevralgico del Mediterraneo. O che proprio in quelle ore falliva in Libia, grazie ai servizi segreti della Germania comunista, un golpe filoccidentale organizzato da italiani. O che a Bologna, quella mattina, era presente Thomas Kram, un terrorista tedesco che i suddetti apparati di Berlino Est ritenevano membro del «gruppo Carlos». Le informative su Kram scivolarono nel fascicolo dell'istruttoria dedicato ai messaggi anonimi inviati da qualche mitomane. Ci sia consentita allora qualche domanda. Perché quando il giudice Priore arrestò Margot Froelich del gruppo Carlos, sorpresa a Fiumicino con una valigia piena d'esplosivo, nessuno lo informò che un dipendente del Jolly Hotel di Bologna asseriva di averla vista in città il giorno dell'esplosione? Perché a Bologna transitò Francesco Marra che numerosi brigatisti hanno indicato come il loro compagno che nel '74 sequestrò il giudice Sossi? Perché in un appunto trovato in tasca al Br Senzani risultava che un alto dirigente dell'Olp aveva attribuito all'Urss la strage di Bologna (indicata con la sigla Bo)? Perché tra i protagonisti dei gravi depistaggi dell'inchiesta bolognese figurò un leader palestinese vicino ai sovietici? Chi scrive non conosce le risposte. Altri però sostengono che Bologna rappresentava per l'ultrasinistra italiana e straniera una base logistica non un obiettivo da colpire. Un punto di partenza e mai d'arrivo. Né le Br avrebbero consentito che si potesse massacrare gente inerme e bambini. Nessuno poi si sarebbe registrato a proprio nome negli alberghi della città prescelta per un attentato. E perché poi usare il gelatinato per compiere una carneficina? Per quanto stabilizzata con altre sostanze, la nitroglicerina è l'esplosivo meno indicato per bersagli umani. In un documento Br sequestrato nel carcere di Trani si spiega che la gelatina rappresenta l'ideale per le demolizioni ma è molto pericolosa a causa dell'instabilità. Siamo proprio sicuri allora che il Presidente Cossiga si congedò dall'esistenza terrena raccontandoci una menzogna? Per credergli però servirebbero riscontri sulla detonazione prematura. Forse c'è stato taciuto qualcosa sui ritrovamenti effettuati tra le macerie della stazione? Qualche documento ingiustificato? Forse non ci hanno raccontato tutto ciò che accadde all'obitorio in quei giorni terribili? Chi scrive non sa rispondere. Ma la coscienza impone di approfondire. Trascurare la verità, per convenienza o quieto vivere, non ci renderebbe migliori di chi causò l'esplosione di Bologna

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