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I giudici: Berlusconi fece pubblicare telefonata Fassino-Consorte

Gianni Alemanno chiude la sua campagna elettorale insieme a Silvio Berlusconi

Le motivazioni della sentenza con la quale il 7 marzo il Cavaliere è stato condannato a un anno di reclusione per concorso in rivelazione di segreto d'ufficio

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Non solo Silvio Berlusconi ha ascoltato la telefonata tra Piero Fassino e Giovanni Consorte nella quale l'allora leader dei Ds chiedeva all'ex numero uno di Unipol «Allora abbiamo una banca?» ma il suo ruolo è stato fondamentale perché quella conversazione, ancora coperta dal segreto istruttorio, fosse pubblicata su "Il Giornale". Lo hanno scritto i giudici della quarta sezione penale nelle motivazioni della sentenza con la quale il 7 marzo scorso hanno condannato Silvio Berlusconi a un anno di reclusione per concorso in rivelazione di segreto d'ufficio con il fratello Paolo. I giudici infatti contestano all'ex premier una «condotta ulteriore rispetto al semplice ascolto della telefonata» che consiste «nella fattispecie contestata a Silvio Berlusconi, senza il cui apporto, in termini di concorso morale, non si sarebbe realizzata la pubblicazione, posto che la sua presenza in quel luogo e data, certamente significativa, già di per sè costituiva il passaggio necessario per l'ulteriore sviluppo della propalazione della notizia alle persone che non ne erano a conoscenza». Il riferimento è alla riunione ad Arcore la vigilia di Natale del 2005 tra Silvio Berlusconi, il fratello Paolo e alcuni imprenditori che hanno fatto ascoltare loro la conversazione, pubblicata pochi giorni dopo sul quotidiano di via Negri, di proprietà della famiglia del Cavaliere. Silvio Berlusconi era a «capo della parte politica avversa a quella di Fassino», rilevano i giudici, e questo «rende logicamente necessario il suo benestare alla pubblicazione della famosa telefonata, non potendosi ritenere che, senza il suo assenso, quella telefonata, che era stata fatta ascoltare per altro a casa sua, fosse poi pubblicata».

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