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Dal logorio del potere ai cattivi pensieri, gli aforismi del Divo

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L'ironia e le stoccate agli avversari. E anche un po' di scaramanzia: «Una festa in mio onore? Ne riparleremo quando compirò cent'anni»

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Non soltanto un pezzo della storia d'Italia. Ma anche un giornalista che ha collaborato per anni con "Il Tempo", curando la rubrica delle lettere. Il suo tratto distintivo era l'ironia e l'autoironia. Ancora adesso le battute di Giulio Andreotti sono parte del lessico quotidiano, anche fuori dal Palazzo. «Il potere logora chi non ce l'ha». È uno degli aforismi più celebri anche se la frase non è sua, bensì, sentenziano gli storici, del celebre politico e diplomatico francese del Settecento, Charles Maurice de Tayllerand. Ma sono tante le frasi celebri di quello che si è affermato come lo statista più longevo del nostro Paese: «A parlare male degli altri si fa peccato, ma spesso si indovina», ad esempio. Oppure, dopo il lungo calvario processuale per mafia, dal quale Andreotti disse: «A parte le guerre puniche, mi viene attribuito veramente tutto». Sull'umiltà, ha detto: "è una virtù stupenda, ma non quando si esercita nella dichiarazione dei redditi». O sulla ragione: «non basta averla, bisogna avere anche qualcuno che te la dà». Alla morte, Andreotti aveva pensato, come tutti gli uomini. Ma a modo suo: «Non sono pronto. Spero di morire il più tardi possibile. Ma se dovessi morire tra un minuto, so che non sarei chiamato a rispondere né di Pecorelli, né della mafia. Di altre cose sì, ma su questo ho le carte in regola». O anche: "Considero il sopravvivere una grazia di Dio". Nelle sue frasi, Andreotti aveva citato anche la cattiveria, sottolineando quanto sia pericolosa, anzi «pericolosissima» quella dei «buoni». E a proposito di cattiveria, il senatore ha inserito questa parola in un'altra delle sue frasi, quella dedicata al film «Il Divo», ispirato alla sua figura, ma che a lui non è piaciuto: «È molto cattivo, è una mascalzonata direi. Cerca di rivoltare la realtà facendomi parlare con persone che non ho mai conosciuto». Ironico e anche abbastanza scaramantico. Come quando qualcuno pensò di organizzare una festa per i suoi 90 anni, nel 2009: «Di feste in mio onore ne riparleremo quando compirò cent'anni...».

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