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Molto tempo prima di sentir urlare i militanti dei centri sociali, una signora sotto braccio al marito alza al cielo un pezzo di cartone con la scritta a pennarello nero: «Senza Gianni e Renata è più bella questa giornata».

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Ilcorteo dell'Associazione nazionale partigiani d'Italia si lascia alle spalle l'Arco di Costantino per raggiungere Porta San Paolo. La signora marcia a passo lento. Da quel 25 aprile 1945 ne sono trascorsi di anni, ma mostra con l'entusiasmo di un adolescente il cartoncino ai suoi compagni. Ancora non lo sa, ma ha appena fatto la sintesi della giornata. Il corteo dell'Anpi è disertato dalle istituzioni. Non ci sono. Non sfilano. Non partecipano. O meglio, partecipano solo alla polemica a suon di dichiarazioni stampa. Ma a debita distanza dal percorso dei manifestanti. Eppure fino all'ultimo sembrava che il presidente della Regione Lazio, Renata Polverini, e quello della Provincia di Roma, Nicola Zingaretti, sarebbero dovuti intervenire (senza però prendere la parola sul palco). Il sindaco Gianni Alemanno aveva già fatto sapere il giorno prima che non avrebbe preso parte alla manifestazione: «Non c'è stato l'invito nei confronti del Comune, io ne ho preso atto perché è meglio evitare tensioni», dice il primo cittadino che prova da giorni a chiudere la polemica con l'Anpi, trovandosi però di fronte a un muro di partigiani che lo guardano in cagnesco. Ma Renata e Nicola sarebbero potuti venire. E invece son rimasti a casa. Cosa è successo? Ore 10.05. Il corteo è appena partito. In testa i gonfaloni dei comitati regionali dell'Anpi, mostrati dagli ottantenni e dai loro figli con orgoglio. Dietro, un centinaio di persone, alcune con la kippà (il copricapo ebraico, ndr), alzano lo striscione della Brigata ebraica, che sfila nonostante alcune frange estremiste dei movimenti di sinistra avessero provato a sollevare qualche polemica nei giorni scorsi. E, poco distanti, ecco spuntare anche le bandiere palestinesi. Ma il corteo è soprattutto bandiere rosse, pugni al cielo, falci e martelli. C'è il Pd, certo, con in testa il segretario del Lazio Enrico Gasbarra e quelle decine di immigrati capitanati da Marco Pacciotti, esponente romano dei Democratici e coordinatore nazionale del Forum immigrazione. C'è Sinistra ecologia e libertà, ovvio. Ci sono i movimenti di lotta. Rispuntano i Verdi. Ancora, gli anti-berlusconiani trasformati in anti-Monti. Ci sono i Comunisti italiani, è chiaro. E poi spuntano i No Tav. I ragazzi dei centri sociali. Nessuna intenzione bellicosa, per ora. Ma cori sì. Eccome. «Camerata, basco nero il tuo posto è al cimitero», intonano mentre il corteo è quasi al Circo Massimo. «Alemanno pezzo di merda»; «Uccidere un fascista non è reato». E giù insulti. Anche contro la Polverini. La voce arriva all'orecchio della Governatrice. Parte una girandola di telefonate. Il servizio d'ordine informa lo sfaff della Polverini che ci sono potenziali facinorosi. L'Anpi spiega di avere un accordo con la parte più critica del corteo per far intervenire la presidente senza problemi. I partigiani garantiscono la sua sicurezza. Ma striscioni e cori insistono contro destra, Alemanno e Polverini. «Non vogliamo i fascisti alle celebrazioni del 25 aprile», urlano. Trascorrono pochi minuti. Quando il corteo passa oltre il palazzo della Fao arriva l'ufficialità: Renata non partecipa. «Ringrazio per l'invito - sono le sue parole - e per aver fatto capire che forse non era opportuna la mia presenza perché il corteo avrebbe potuto diventare violento. Ci sono gruppi che non riconoscono le istituzioni. Spero che il prossimo anno - è l'appello lanciato ad Alemanno, Zingaretti e Anpi che proporrà un incontro con la Governatrice - si possa lavorare per una festa unitaria dove potranno partecipare tutti». È a questo punto che il presidente della Provincia, per tirarsi fuori dalle polemiche, decide di non intervenire. «Oggi è una bellissima giornata, ma proprio per tutelare il corteo ho preferito celebrare il 25 aprile negli appuntamenti ufficiali con le altre autorità». Passate le 11, orfani delle istituzioni, i manifestanti arrivano a Porta San Paolo dove trovano una corona. È quella della Provincia. Solo della Provincia. Mancano i fiori di Comune e Regione. «Forse si sono dimenticati», avrà modo di ironizzare il presidente Anpi, Francesco Polcaro, che sale sul palco per iniziare il suo discorso sotto le note di Bella Ciao, con le bandiere rosse al vento. Del resto qui la Festa della Liberazione sembra la Festa dell'Unità. L'unità della sinistra.

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