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Il Grillo parlante che spaventa tutti

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di Mario Sechi Un Grillo spaventa il Palazzo. E questo la dice tutta sullo stato di crisi dei partiti. La giornata di ieri è la metafora di una perdita d'identità costante. Abbiamo registrato che Di Pietro litiga con Grillo, Casini parla di Grillo e Bersani bacchetta Grillo. E qui sta il primo grosso errore di comunicazione perché significa dargli più forza, alimentarne la vis polemica e la capacità distruttiva. Il movimento politico del comico non propone alcuna alternativa, ma semplicemente la demolizione del sistema. Non è un programma politico, ma una carica a testa bassa. E dopo? Si vedrà, nel frattempo avanti e via tutto quello che c'è in mezzo. Tra Grillo e i partiti ci sono le istituzioni e - per quanto abbiano molti problemi - andrebbero salvate. L'errore grande dei partiti è proprio quello di continuare a pensare di cavarsela con un maquillage. Agli elettori non basta. È vero che forse non basterebbe neppure una cura radicale per fermare la burrasca dell'antipolitica, ma è chiaro che la risposta data finora è insufficiente. I sondaggi sono sotto gli occhi di tutti. Grillo viene dato al 7%, cioè come una forza capace di raccogliere circa tre milioni di voti, ma altre rilevazioni lo danno ampiamente sopra il 10%. Finché non si va alle urne, i numeri restano teorici e per fortuna i voti sono molto più difficili da prendere, ma a un anno dalle elezioni Grillo si autoalimenta con gli errori della politica. Lui ne compie di incredibili, ma lo scenario gioca a suo favore. Quando il comico dice che bisogna uscire dall'Euro, si mette sulla scia di un movimento ormai europeo che trova come unica risposta possibile alla crisi la fuga dal barocco sistema di Bruxelles. La recessione funziona da propellente per i razzi dei movimenti anti-sistema. La differenza che ha l'Italia con altri Paesi - come la Francia o l'Olanda - è che in Parlamento non c'è nessuna forza in grado di raccogliere questo malessere e costituzionalizzarlo, dargli forma democratica, farlo diventare qualcosa di costruttivo e non distruttivo. Il movimento di Grillo ha questo enorme limite e associa alla durezza del linguaggio un indistinto disprezzo per qualsiasi cosa rappresenti le istituzioni. Per questo quando Casini dice che Grillo «è meglio stia in Parlamento che fuori» non ha tutti i torti, ma dovrebbe anche chiedersi perché un comico comincia a riempire le piazze e come mai la tenuta dei partiti è messa a rischio da un fenomeno così debole dal punto di vista della proposta. È qui che c'è il Grande Assente di questa storia: la politica. Ha fatto il passo indietro lasciando al governo tecnico la responsabilità di guidare il Paese, ma così ha tolto ai partiti la risposta alla crisi di identità. Così tra Monti e il Grillo parlante c'è il vuoto.

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