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Nel 2012 recessione e imposte da record

Il presidente del Consiglio Mario Monti

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Il governo certifica, nero su bianco, nel suo Documento economico e finanziario oggi in discussione al Consiglio dei ministri, che le manovre di aggiustamento dei conti pubblici hanno ottenuto due effetti. Entrambi negativi. Il primo è che la recessione sarà dura. Molto più dura di quanto ipotizzato solo qualche mese mentre la pressione fiscale ha raggiunto un livello come mai nella storia della Repubblica. Il peso del fisco volerà oltre il 45% per ben tre anni, con nuovi record assoluti che stracciano il 43,7% segnato nell'anno dell'Eurotassa. Il governo aggiorna le sue stime con il Def che arriva sul tavolo del Consiglio dei Ministri quasi in contemporanea con il Fondo Monetario Internazionale, che da Washington ha emesso il suo verdetto numerico che condannerebbe l'Italia a una recessione di due anni. Per il governo, invece, il Pil italiano crollerà quest'anno a -1,2%, peggio del -0,4% previsto precedentemente ma sempre molto meglio del -1,9% delle nuove previsioni diffuse dal Fmi. Poi, mentre gli esperti internazionali prevedono un ulteriore calo nel 2013 (-0,3%), i tecnici del Tesoro italiano puntano su un rimbalzo di +0,5%. Il nodo di fondo rimane quello dell'impegno che l'Italia ha preso in sede europea. Primo tra tutto il pareggio di bilancio. Per il governo non servirà una manovra per correggere i conti pubblici che però, senza alcun dubbio, risentiranno dell'impatto della minore crescita. Il pareggio di bilancio del 2013 non sarà reale. Il deficit si ferma a -0,5%. Ma per le regole europee va bene ugualmente. Viene considerato «close to balance», quasi come un pareggio, anche se border line. Il deficit zero - pallottoliere alla mano - sarà raggiunto in termini reali solo nel 2015. Ben diverse sono le previsioni del Fondo. Per l'istituzione di Washington il pareggio non arriverebbe nemmeno nel 2017 e i conti sarebbero fortemente in rosso, in termini di deficit, anche nei prossimi anni. Per l'Italia oltre al nodo della crescita rimane insoluto quello del debito pubblico. Nel 2011 era già salito al 120,1%.Quest'anno balza di ulteriori tre punti, a 123,4%. Solo dopo comincia la diminuzione, ma lentamente: 121,6% nel 2013 e il 118,3% nel 2014. C'è però un effetto-aggravio dovuto agli aiuti per la Grecia. Defalcando queste uscite il debito risulta di 120,4% già quest'anno. Ad aiutare i conti pubblici sono comunque i minori costi per gli interessi, almeno rispetto alle ultime previsione. Le tensioni che si sono riversate sui titoli di Stato faranno lievitare quest'anno il costo degli interessi pagati per il debito pubblico di 6,3 miliardi rispetto al 2011, facendo salire l'esborso a 79,9 miliardi. Solo rispetto a dicembre, quando gli spread italiani erano a 550 punti base rispetto al Bund tedesco, il risparmio ottenuto è di 10 miliardi: nella relazione al parlamento, infatti, il governo Monti prevedeva di spendere 16,9 miliardi in più. Un segnale che le manovre adottate in questo periodo hanno prodotto i propri effetti. Di certo, per centrare gli obiettivi il governo punta anche su altre e nuove voci d'entrata (dalla nuova asta sulle frequenze Tv alla spending review). Ma, è altrettanto sicuro, il rallentamento dell'economia e l'impatto che questo ha sui conti «prenota» anche il maggior gettito della lotta all'evasione. Il Def non ne tiene conto ma appare chiaro che proprio per questo il governo ha rinunciato a varare il fondo per il calo tasse, che avrebbe vincolato il maggior gettito della lotta all'evasione per la riduzione delle tasse sui redditi più bassi. A segnalarlo è un piccolo indizio inserito in una tabella ricca di numeri a pagina 21 del Def: la pressione fiscale, che nel 2011 era già salita al 42,5%, balza quest'anno al 45,1%: è il record assoluto che supera anche il 43,7% raggiunto nel 1997 con l'Eurotassa. Ma il volo prosegue al 45,4% del 2013 per poi attestarsi al 45,3% del 2014 e al 44,9% del 2015, segnando così per il contribuente italiano una parabola quadriennale di sacrifici. Un tempo di vacche magre ancora più lungo è invece previsto dal Fmi per il quale l'economia italiana si contrarrà sia nel 2012 sia nel 2013, con un pil in calo rispettivamente dell'1,9% e dello 0,3%. E l'obiettivo del pareggio di bilancio nel 2013 non potrà essere centrato prima del 2017. Ma una luce in fondo al tunnel della recessione, «più profonda rispetto» all'area euro nel suo complesso, si intravede: è alla fine del prossimo anno, quando nel quarto trimestre il pil del Belpaese crescerà dello 0,7%.

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