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Monti: "Sciolti tutti i nodi" Il leader del Pd: detto la nostra

Il premier Monti

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Monti accelera. Tornato dalla missione in Asia, il premier ieri ha rimesso in moto la macchina della trattativa sulla riforma del lavoro con l'obiettivo è di preparare un terreno politicamente favorevole all'approdo del disegno di legge in Parlamento. Così il premier prima ha visto in gran segreto il segretario del Pd Pier Luigi Bersani, poi, in serata, ha allargato il tavolo a Alfano e Casini con il sottosegretario Catricalà. La soluzione di mediazione è quella del rafforzamento del ruolo della commissione di conciliazione tra azienda e sindacati in cui è possibile il ricorso al giudice solo in seconda battuta. L'onere della prova tornerebbe a carico del datore di lavoro. In sostanza se il giudice ritiene che ci sia stato un abuso nella scelta del licenziamento economico si può stabilire il reintegro. «È andata bene, sono stati sciolti tutti nodi. Così Mario Monti ha risposto ai cronisti al termine del vertice con Alfano, Bersani e Casini sulla riforma del mercato del lavoro. Il leader del Pd ha, però, voluto sottolineareo: «Abbiamo detto le nostre cose, ora il governo deciderà». Del resto era stato lo stesso premier a sottolineare la necessità di evitare qualsiasi tipo di abuso. Sarebbe, quindi, il giudice a pronunciarsi, ma resterebbe l'istituto del licenziamento economico (e il non reintegro), anche se verrebbe ridotta quindi la possibilità di applicare questa norma. Il vertice si è svolto in gran segreto. Verso le 17.30 Monti è uscito da palazzo Chigi con un'auto diversa da quella abituale. Alla stessa ora, Bersani ha lasciato la sede del Pd eludendo le domande dei cronisti. «Vado alla Camera», si è limitato a dire il segretario ma la destinazione non era Montecitorio bensì palazzo Giustiniani. Monti ieri ha visto anche il ministro Fornero dalla quale ha avuto la rassicurazione che il testo della riforma è praticamente pronto. Quindi potrebbe essere presentato in Quirinale anche oggi. Per questo Monti ha voluto accelerare l'incontro con i leader dei partiti che lo sostengono in Parlamento. Nel sindacato il malessere sta crescendo. Non c'è solo l'opposizione dura della Cgil. Ieri il leader della Uil, Luigi Angeletti, finora su una linea di apertura, ha mandato un messaggio duro al governo: «la vicenda dell'articolo 18, così come quella degli esodati, rappresentano un fondato motivo, una giusta causa, per un licenziamento del ministro Fornero». Come dire che Monti non può tirare la corda più di tanto. A stretto giro anche il segretario della Cisl Raffaele Bonanni si è fatto sentire. «Sono d'accordo con l'analisi di Angeletti. È arrivata davvero l'ora per tutto il sindacato di mobilitarsi su questioni concrete, come l'eccessiva pressione fiscale e l'esplosione della disoccupazione. Queste sono le vere emergenze sociali su cui tutti dobbiamo concentrarci per il bene del Paese». Intanto la Cgil ha lanciato una petizione contro la riforma con una raccolta di firme anche online sul suo sito. La richiesta è sempre la stessa: il ddl deve prevedere il reintegro in caso di licenziamento illegittimo e il mantenimento dell'onere della prova in capo all'azienda. In caso contrario il sindacato avverte, continueranno le iniziative di protesta. La tensione nel sindacato rende fondamentale l'accordo con i partiti. Dal Pdl, Silvio Berlusconi, che ha riunito l'ufficio di presidenza del partito, ribadisce sostegno al governo e la necessità di fare la riforma del lavoro, a cominciare dall'articolo 18. La riforma del mercato del lavoro va fatta per ammodernare il Paese, avrebbe detto il Cavaliere, garantendo poi sostegno leale all'esecutivo fino alla fine della legislatura. Il segretario Alfano ha sottolineato che se il ddl dovesse cambiare «allora si tocca anche sul versante della flessibilità in entrata». Dall'Udc le parole del segretario Lorenzo Cesa. «Ci sono le condizioni per trovare una sintesi sul tema dell'articolo 18, che garantisca di più il lavoratore specificando quali siano i casi in cui ricorre il licenziamento per motivi economici. C'è un dovere da parte delle forze politiche e sociali di trovare un'intesa sulla riforma del lavoro, perchè non è pensabile avere un Paese in cui un giovane su tre è disoccupato». In Parlamento però i partiti dovranno vedersela con i malesseri al loro interno.

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