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Berlusconi: Umberto è innocente

Silvio Berlusconi

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Le dimissioni, invocate da tutte le anime del partito, arrivano in serata. Francesco Belsito non è più tesoriere della Lega Nord. Ma il gesto da solo non basta. Non basta, di fronte alle inchieste e alle perquisizioni che scandiscono la giornata nera del Carroccio. Anche perché nelle carte spunta, non indagato, il nome di Umberto Bossi e della sua famiglia. «Mollo tutto e mi dimetto», avrebbe detto - «amareggiato dall'attacco personale» - il Senatùr ai suoi, poi convinto ad accettare il «compromesso» del passo indietro dell'ex tesoriere. L'attacco più duro, però, arriva, forse, da Roberto Maroni. Lui invoca «pulizia» e nel partito si respira subito aria da resa dei conti. Ecco allora che, inaspettato, un forte attestato di solidarietà a Bossi arriva dagli amici di un tempo, dal Pdl. Il Cav non ha nessuna intenzione di puntare il dito contro il Senatùr. Del resto, le intercettazioni di Henry John Woodcock non gli sono mai piaciute. «Chiunque lo conosca - afferma Berlusconi - non può essere neanche lontanamente sfiorato dal sospetto che abbia commesso alcunché di illecito» verso «la Lega, movimento al quale ha dato tutto se stesso». Le parole dell'ex premier trascinano anche altri esponenti del Pdl. Nella Lega, però, si respira tutt'altra atmosfera. Le perquisizioni in via Bellerio iniziano all'alba. Belsito trascina il Carroccio, da sempre orgogliosa della propria lontananza dalle aule giudiziarie, nel gorgo di indagini che peseranno parecchio anche da un punto di vista politico. A un mese dalle amministrative, poi. Certo, le avvisaglie c'erano state, a partire dalle notizie sui fondi investiti da Belsito in Tanzania. E Maroni aveva subito chiesto la cacciata del tesoriere. Ma nulla. E così ieri di buon mattino l'ex ministro dell'Interno ha provato a salvare la faccia: «La Lega è parte lesa. Bisogna cogliere l'occasione per fare pulizia», tuona prendendosela con chi «doveva decidere» di cacciarlo subito. Maroni non lo cita, ma sul banco degli imputati c'è Bossi (e chi gli è più vicino). Belsito è un uomo di fiducia del «capo», sussurra qualche maroniano. Ma anche loro si mostrano preoccupati quando emerge che nel decreto di perquisizione si parla di «esborsi effettuati per esigenze personali di familiari» del Senatùr. Certi volti cerei dicono molto. Per la Lega si apre ora una partita cruciale sul piano politico. Che potrebbe arrivare, questa volta sì, a mettere in discussione la leadership di Bossi. Ed è questo l'obiettivo di Maroni, secondo gli esponenti del «cerchio magico», che sospettano sia stato qualche maroniano a fornire l'imbeccata ai giornalisti e ai magistrati per le inchieste su Belsito. È un'accusa pesante. E non la sola. La tempistica delle perquisizioni viene fatta notare da più di un bossiano: «Cercare di colpire il capo della Lega nel giorno della presentazione delle liste crea qualche perplessità», dice Paola Goisis. E qualche «cerchista» si spinge fino a notare che si era già pronti a imputare il previsto calo della Lega alle Amministrative alla decisione, presa su pressione dei "maroniani", di correre da soli, senza il Pdl. E invece adesso la "colpa" verrà fatta ricadere sulla vicenda Belsito.

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