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Banche nel panico si affidano alla Bce

Mario Draghi

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Le banche che hanno ricevuto oltre 1.000 miliardi di prestiti dalla Bce, anche se più volte sollecitate a impiegare una parte dei fondi concedendo prestiti a famiglie e imprese, continuano a parcheggiare presso l'Eurotower livelli record di liquidità. Ieri i loro depositi overnight sono volati a 776,9 miliardi, livello mai raggiunto nei 13 anni di storia della Bce. Una cifra molto vicina ai circa 850 miliardi di liquidità in eccesso stimata per il sistema bancario dell'Eurozona, che fa gridare qualcuno allo scandalo. Adusbef e Federconsumatori, ad esempio, sostengono che le banche non hanno «nessuna intenzione» di prestare quella montagna di soldi a famiglie e imprese. Gli istituti di credito hanno motivi validi per trattenere il cash: molte temono di non riuscire a rifinanziare le obbligazioni che arriveranno in scadenza nei prossimi mesi, ipotesi che scatenerebbe una corsa a chiudere il conto corrente innescando un effetto domino simile a quello di Lehman Brothers. I prestiti facili - lo ha insegnato la crisi Usa - finiscono per essere pagati dai contribuenti. Molte banche, specie dei Paesi indebitati, sono poi apertamente esortate a impiegare i soldi presi in prestito per sostenere le quotazioni dei rispettivi titoli di Stato nazionali. Ma è la stessa Bce a chiedere agli istituti di prestare di più, e rafforzare il proprio capitale così da poter allentare le maglie di un credito diventato troppo ingessato. I segnali di una stabilizzazione ci sono: per la prima volta in 13 mesi l'Euribor, il tasso che misura la febbre sul mercato dei depositi, è sceso sotto l'1%. E i prestiti alle imprese a gennaio si sono stabilizzati dopo il crollo di dicembre. Intanto il Cancelliere Angela Merkel dopo aver elogiato la decisione di Mario Draghi ieri lo ha messo in guardia: le due maxi operazioni straordinarie varate dalla Bce a dicembre e febbraio hanno consentito di rasserenare i mercati «e guadagnare tempo» ma bisogna evitare «che si trasformino in una bolla di liquidità». Il presidente della Bce avrebbe risposto che l'intervento dell'Eurotower non va considerato come la panacea di tutti i mali perchè si tratta di misure temporanee destinate in primo luogo ad evitare il completo blocco del funding delle banche (specie di quelle dei paesi periferici come Italia e Spagna), rifinanziare le obbligazioni in scadenza e mantenere il livello di finanziamenti alle Pmi, principale volano dell'occupazione europea, grazie anche al coinvolgimento delle banche medio-piccole nell'operazione Bce. La speranza è poi che la liquidità, che di per sè non crea Pil, vada a favorire l'andamento dell'economia reale e, in seconda battuta, a sostenere i titoli di stato. La Merkel parlando al termine della firma del patto di bilancio ha ribadito che la situazione «resta fragile, non siamo ancora fuori dal tunnel ed quindi è sbagliato dire che la situazione non è più allarmante». Ieri è stato siglato il Patto di bilancio, o fiscal compact. Basta con gli sforamenti di deficit che hanno ingigantito i debiti nazionali e portato la speculazione internazionale a scommettere sul crollo dell'euro. Ma la tranquillità è durata poche ore: il rigore è già messo in dubbio dalla Spagna, che ha annunciato lo sforamento del deficit nel 2012. Per uscire dalla «moderata recessione» in cui è finita la Ue, i 27 leader hanno concordato di completare il mercato unico, scatenare la lotta all'evasione fiscale a livello continentale con tanto di accordi comuni con «i paesi terzi» (intesi come Svizzera e altri paradisi fiscali), lanciare i project bond per finanziare le infrastrutture già a giugno, andare avanti con la Tobin Tax ed il regolamento per depotenziare le agenzie di rating, alleggerire il carico burocratico per favorire Pmi e microimprese che rappresentano il 90% dell'economia europea. Tutti provvedimenti e idee contenute nelle oltre 9 pagine dedicate alla «politica economica» nelle conclusioni del summit, peraltro freneticamente riscritte la notte scorsa per recepire gran parte delle proposte di stampo liberale contenute nella «lettera dei 12» promossa da Cameron.

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