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"Noi e il Pd continueremo ad essere alternativi"

Il capogruppo del Pdl alla Camera Fabrizio Cicchitto

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Cosa sta succedendo all'interno del Pdl? Ormai se lo chiedono un po' tutti. L'impressione, guardando dall'esterno, è di generale confusione. Il futuro è un punto interrogativo, le ipotesi più disparate si rincorrono sui giornali. Fabrizio Cicchitto, capogruppo del partito alla Camera, non la pensa così: «Guardi, le situazioni confuse nascondono realtà politiche molto più semplici». Cioè? Siete già pronti per la Grande Coalizione con Pd e Terzo Polo? «Io credo che sia un errore confondere o sommare le due cose. Anzitutto c'è l'appoggio al governo Monti che non ha alternative anche perché elezioni anticipate ci avrebbero condotto al disastro». E su questo siete insieme a Pd e Terzo Polo. «Sì, ma questo non significa annullare il Pdl. L'alternatività tra noi e il Pd non è venuta meno. La situazione del Paese impone il sostegno all'esecutivo, ma anche in questo lavoro ogni partito cerca di "tirare la corda" dalla propria parte tenendo conto dei referenti sociali e delle posizioni programmatiche». Insomma, siamo davanti ad un evento eccezionale. «Un conto è l'emergenza che ha prodotto in Parlamento una maggioranza ampia non politica. Ma la conseguenza normale di questo percorso è il confronto, tra due partiti alternativi. Alle elezioni continueremo ad avere posizioni differenziate». Quindi non ci saranno Grandi Coalizioni? «Dire oggi che dopo il 2013 ci sarà una Grande Coalizione è una cosa astratta e pericolosa, anzitutto per chi la propone. Gli elettori si affascinano proponendo idee alternative non intese consociative tra forze politiche che hanno polemizzato e continuano a polemizzare. Se Pd e Pdl dessero oggi l'impressione di essersi già messi d'accordo è certo che questo produrrebbe, all'interno dei propri elettorati, una reazione di rigetto nei confronti di un'operazione innaturale. Tra l'altro, nel nostro sistema, un'ipotesi di questo tipo potrebbe verificarsi solo se le elezioni producessero una situazione di stallo. Come si fa a dirlo ad un anno dal voto?» Il dialogo e il confronto comunque c'è e non può essere negato. «Sì. Penso al lavoro sulle riforme istituzionali e sulla modifica dei regolamenti parlamentari su cui c'è già un'intesa di massima. Ma anche a quello sulla nuova legge elettorale su cui invece il confronto è ancora aperto». Pensa che altri temi possano essere affrontati? La giustizia? «Sarebbe auspicabile. Credo però che su un tema così delicato che è stato oggetto di aspra polemica in questi anni non possa esserci un'intesa globale. Piuttosto potrebbero essere affrontati degli "spezzoni" come la giustizia civile e, forse, le intercettazioni». Passiamo al Pdl. Alfano è il candidato leader, o gli manca un "quid"? «È stato Berlusconi stesso a scegliere Alfano come segretario e come suo erede. E lui gode del sostegno di ampia parte del Pdl». Quindi all'orizzonte non c'è l'ipotesi di un nuovo partito guidato da altri? «C'è un obiettivo largamente condiviso che è quello di creare una grande area moderata a riformista. Non è un problema di nome, ma di aggregazione. Noi a questo percorso partecipiamo con Alfano e con il Pdl». E le aperture di Casini? «Nelle dichiarazioni di Casini ci sono cose positive e negative. È chiaro che per noi è un'assurdità pensare che dopo le amministrative possa esserci una scomposizione del Pdl e la riaggregazioni di pezzi del nostro partito nel Terzo Polo. Noi vediamo un percorso che possa portare a qualcosa di più ampio, forse una federazione di partiti. Ma è chiaro che non accetteremo discriminazioni su Berlusconi che continua ad avere una posizione di centralità nell'area del centrodestra». Questo significa che il Pdl potrebbe sciogliersi in un contenitore più grande? «Siamo in una fase transitoria in cui sarebbe una follia rimettere in discussione Alfano e il Pdl. Il nostro compito oggi è consolidare il Pdl attraverso i congressi e le primarie. E anche attraverso una campagna elettorale per le amministrative che si preannuncia dura per la difficoltà a costruire alleanze al Nord con la Lega e al Sud con l'Udc che porta avanti la politica dei due forni. Non possiamo sciogliere il partito così, al buio. Se ci saranno nuove condizioni politiche trarremo le necessarie conseguenze organizzative. Ma deve esserci una cosa realmente nuova».

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