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Parisi dai pm per le ombre sui bilanci

Luigi Lusi in una foto del 2008 presa dal suo sito

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Tra due giorni l'ex tesoriere Luigi Lusi potrebbe vedersi sequestrare i beni. Avrebbe infatti ancora poche ore per soddisfare le richieste della Margherita per quanto riguarda la restituzione del denaro sottratto dal 2008 al 2001. Questo perché la proposta di fideiussione è stata considerata «inadeguata. Allo stato non c'è alcun termine per un accordo», spiega senza mezzi termini l'avvocato Titta Madia, che rappresenta l'ex leader della Margherita Francesco Rutelli. «La proposta fatta da Lusi non regge, se non arriverà una seria garanzia entro i prossimi giorni chiederemo all'ufficio del pubblico ministero di sollecitare al gip adeguati provvedimenti cautelari», ha continuato il legale che ha curato la costituzione di parte offesa del presidente dell'Api. Non è stata infatti presentata una richiesta ufficiale di sequestro, ma la difesa di Rutelli ha già precisato: «Concediamoci qualche giorno ancora di pazienza, lunedì potremmo formalizzare le nostre intenzioni». Insomma, tra due giorni il senatore del Pd accusato di appropriazione illecita di 13 milioni della Margherita potrebbe vedersi congelare i suoi beni mobili e immobili. L'indagato, infatti, nei giorni scorsi aveva proposto di riconsegnare 5 milioni su 13 sottratti. Una cifra non congrua secondo la Margherita. Ma anche lo stesso partito confluito nel Pd è finito nel mirino degli inquirenti. Come è possibile che nessuno si sia accorto di cosa stava combinando Lusi con i soldi del partito? Qualcuno inoltre ne era a conoscenza e ha taciuto? E sono state commesse altre irregolarità nella gestione dei fondi della Margherita? Per dare risposte certe a queste domande il procuratore aggiunto di Roma Alberto Caperna e il pubblico ministero Stefano Pesci hanno avviato un altro filone d'inchiesta, decidendo di affidare alla Guardia di Finanza una serie di accertamenti per passare al setaccio tutti i documenti contabili del partito. E uno dei primi passi della magistratura è stato quello di ascoltare come persona informata sui fatti l'esponente del Pd Arturo Parisi, che è stato vice presidente nazionale della Margherita e presidente dell'assemblea federale del partito. Oggetto dell'audizione alcune dichiarazioni che ha pronunciato Parisi alcuni giorni fa. L'esponente Pd ha dichiarato che nel corso dell'assemblea della Margherita del 2011 chiese «un approfondimento del bilancio perché c'erano voci opache e ampie. Non votai il bilancio preventivo e l'assemblea fu sospesa finché non si decise la formazione di un organismo che approfondisse successivamente. Ma questo organismo non si è mai riunito». Parisi ha inoltre detto che «Franco Marini propose di costruire un gruppo di analisi che si sarebbe riunito dopo la votazione dell'assemblea. Dell'organismo inizialmente avrebbero dovuto far parte pochi membri, Rutelli, Bocci, Bianco e Lusi, ma successivamente fu allargato ad altri, tra cui credo di ricordare Rosy Bindi, Dario Franceschini, Enrico Letta, Beppe Fioroni. Ma l'unica volta che venne convocato nel novembre del 2011 andò quasi deserto per cui io mi dimisi in polemica». Il 31 gennaio scorso il parlamente ha dunque ricordato dell'esistenza di «alcune voci opache nel bilancio». Per il deputato del Partito democratico si travvava quindi di «somme consistenti in uscita». Per questo motivo chiese «una sospensione che venne rifiutata». Le audizioni in procura sarebbero comunque soltanto all'inizio. Nei prossimi giorni infatti gli inquirenti convocheranno altri esponenti della Margherita, come Renzo Lusetti e Enzo Carra e altri firmatari del ricorso presentato al Tribunale civile rispetto alla validità dei rendiconti del partito. «Mentre la magistratura fa fino in fondo chiarezza sulla scandalosa vicenda dell'ex tesoriere della Margherita, la politica ha il dovere di reagire con serietà e determinazione. Subito. In Parlamento il Pd ha depositato da tempo diverse proposte di legge di attuazione dell'articolo 49 della Costituzione per regolamentare la vita dei partiti. Tutte hanno in comune un obiettivo: sottoporre al controllo della legge l'attività dei partiti, le modalità di finanziamento, i meccanismi di decisione», ha dichiarato il vicepresidente del Pd Marina Sereni alla luce del caso Lusi. E ancora: «Trasparenza e democraticità - ha spiegato Sereni - questi due principi debbono essere tradotti in regole, controlli, sanzioni». «Di fronte allo scandalo dei rimborsi elettorali, molti politici si affannano a proporre la regolamentazione dei partiti, attesa da decenni, con vincoli rigidi sulla gestione del denaro pubblico, destinato alle campagne elettorali. Si chiudono le stalle, quando i buoi sono scappati. Non basterà a contenere il discredito che sta investendo l'intera classe politica», ha infine detto il senatore del Pdl Raffaele Lauro.

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