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«Come Wikileaks. E chi esce peggio è la Segreteria di Stato»

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Aparlare è Sandro Magister, vaticanista dell'Espresso, moderatore del sito multilingue www.chiesa.it. Non ritiene che l'affaire Viganò sia una vicenda «dai contorni limpidi». Perché «il carteggio rivela una assenza di coscienza da parte di tutti i protagonisti». Cosa insegna la vicenda di Viganò? «Credo che si sia scoperchiato un fenomeno analogo a quello di Wikileaks. Non siamo in presenza di investigazioni esterne che abbiano individuato malaffari all'interno delle mura vaticane e le abbiano portate alla luce del sole. Siamo in presenza di fasci di luce gettati l'uno sull'altro, retroscena fatti appunto anche di pagine non nobili che prima si nascondevano e oggi un po' meno». Di lettere come quelle di monsignor Carlo Maria Viganò è pieno il Vaticano. Come mai ora vengono alla luce? «Credo che questo sia l'effetto di un decadimento crescente. Siamo arrivati a un punto di rottura della capacità di governo della Curia da parte delle autorità che dovrebbero essere preposte. Chi esce più in cattiva luce da questi testi è la Segreteria di stato, quell'ufficio centrale che dovrebbe assicurare un disciplinato lavoro da parte degli uffici curiali e che si è mostrato clamorosamente non all'altezza. Si dice segreteria di Stato, si intende il capo, il cardinal Tarcisio Bertone». Quale aspetto della vicenda la colpisce maggiormente? «La figura di Viganò si è rivelata inizialmente sotto una luce quasi da eroe incontaminato, impegnatosi in una battaglia improba contro il malaffare. La mia impressione è che le cose non stanno affatto in questi termini così limpidi. Il carteggio rivela una assenza di coscienza da parte di tutti i protagonisti. Non direi che sia venuto alla luce qualcosa di penalmente criminoso, ma una serie di comportamenti scorretti, favoritismi, carrierismi, piccoli e grandi interessi mescolati. Tutto questo denota elementi che non possono essere divisi tra una parte buona e una cattiva in modo netto». E per quanto riguarda Viganò? «Lo stesso Viganò ha una ambizione abbastanza sfrenata, che oltretutto si esplica nel pretendere un cardinalato, quello legato alla carica di governatore, che di per sé non dovrebbe essere una pretesa corretta secondo il codice deontologico che dovrebbe animare la Curia. Stando anche ai vari richiami contro il carrierismo di Benedetto XVI. Abbiamo notato da questo carteggio che ci sono personalità in Vaticano che usano promettere cariche, quando il codice corretto assegna questo potere esclusivamente al Papa». A. G.

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