Mezza Italia va in piazza contro le liberalizzazioni
Mezza Italia si ribella alle liberalizzazioni decise dal governo Monti. Dagli avvocati ai tassisti, dalle farmacie ai tassisti il Paese rischia di essere travolto nelle prossime settimane da un'ondata di scioperi e di proteste di piazza. Gli avvocati hanno già deciso di non lavorare il 23 e il 24 febbraio ma non è escluso, hanno spiegato ieri, che ci possano essere altre manifestazioni. «L'Avvocatura – ha attaccato il presidente dell'Organismo unitario, Maurizio de Tilla - è ancora più indignata per gli ulteriori interventi previsti nel decreto. È fortemente negativo il giudizio sul tirocinio all'interno del corso universitario, c'è dissenso totale sull'istituzione dei tribunali delle imprese. Gravissima l'abolizione delle tariffe, che costituisce un presidio per la fissazione del compenso e per la garanzia di qualità della prestazione professionale dei cittadini, ed è altrettanto inaccettabile che, nel caso di liquidazione da parte di un organo giurisdizionale, il compenso di un professionista sia determinato con riferimento a parametri stabiliti con decreto del ministro vigilante. Cioè un ulteriore svuotamento delle prerogative degli Ordini professionali e una chiara invasione di campo dello Stato». Accanto a loro nella protesta anche la Cassa Forense: «Condividiamo le preoccupazioni dell'Avvocatura e aderiamo a tutte le iniziative che verranno organizzate». Con le altre professioni «sono in programma iniziative congiunte a livello nazionale che culmineranno in una manifestazione nazionale in programma per il primo marzo» dice il Presidente Alberto Bagnoli. E per quanto riguarda le norme sugli avvocati «a preoccuparci - spiega - sono soprattutto due temi, il tirocinio», con il rischio «di gettare nel mondo del lavoro avvocati impreparati e incapaci di svolgere la professione», e «le società dei professionisti». Intanto però arriva almeno un giudizio positivo all'emendamento al Milleproroghe che ha spostato di tre mesi il termine per la presentazione delle proposte in tema di regolamento delle Casse previdenziali dei professionisti. Anche i farmacisti sono sul piede di guerra. L'assemblea di Federfarma ha proclamato lo stato di agitazione e una serrata da stabilire oggi come e quando fare. «Le farmacie italiane riunitesi a Roma in assemblea permanente – si legge nel comunicato – conosciuti i contenuti del decreto legge sulle liberalizzazioni varato dal Consiglio dei ministri e constatata la determinazione del governo di distruggere la rete delle farmacie, dimostrando di non aver approfondito le conseguenze, respingono fermamente i contenuti del provvedimento che risultano contrari a una riforma equilibrata, poiché eccessive aperture destabilizzano il sistema. Pertanto, chiedono un urgente intervento del Parlamento perché siano introdotte modifiche al provvedimento che si presenta incoerente e contrario allo svolgimento regolare del servizio farmaceutico». «Le farmacie – proseguono – restano in attesa di un confronto concreto, fino a ora negato, per poter dare finalmente il proprio contributo alla riforma del loro settore, senza una penalizzazione del servizio di assistenza che ricade sugli italiani». «L'Assemblea – è la conclusione – comunicherà il programma e le modalità di svolgimento dell'agitazione sindacale decisa oggi all'unanimità e che prevederà anche giornate di chiusura». Dalle farmacie ai benzinai la rabbia non si arresta. Dopo aver visto il decreto uscito dal Consiglio dei Ministri la Faib Confesercenti conferma lo sciopero di tutta la categoria: «Al momento non abbiano elementi che ci consentono di revocare lo sciopero – è stato il commento di Martino Landi, presidente della Faib – Ci riserviamo di valutare ciò che prevede il testo definitivo ma pensiamo che non sia migliorato rispetto alle nostre attese». Nei giorni scorsi Faib e Fegica-Cisl avevano dichiarato la chiusura per 10 giorni degli impianti di distribuzione dei carburanti, per protesta contro la «retromarcia del governo sulle liberalizzazioni». «È ovvio che non possiamo fare i dieci giorni di sciopero proclamati in maniera consecutiva – ha concluso Martino Landi – nella minaccia è sottinteso il fatto che la sua attuazione avverrà nel rispetto della commissione di garanzia, non più quindi di 72 ore consecutive. Nei prossimi giorni valuteremo e calendarizzeremo le date della protesta». Infine i commercianti che sono soddisfatti a metà. La norma dei saldi tutto l'anno alla fine non è stata inserita ed è saltata anche la norma sulla semplificazioni delle vendite promozionali («due per tre», bollini premio, promozioni nazionali) che toccava soprattutto le grandi catene. Resta in piedi la libertà h24 degli orari di apertura degli esercizi commerciali, misura scattata dal primo gennaio e che continua a creare molti mal di pancia ai commercianti convinti che favorisca soprattutto la grande distribuzione. Valutazione complessiva di parziale soddisfazione in casa Confesercenti. Una liberalizzazione totale dei saldi, si fa notare, avrebbe ulteriormente favorito la Grande distribuzione in grado di pubblicizzare le sue iniziative, si fa notare. Non sarebbe stato così per i piccoli che si avvantaggiano invece dalla data unica dei saldi, in grado di mobilitare un'ondata pubblicitaria su tutto il territorio nazionale. Quando scattano i saldi, tutti lo sanno insomma, diventa un evento in grado di stimolare gli acquisti. Pa. Zap.