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Silvio: «Mi dimetterò e voglio le elezioni»

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Il premier fissa le tappe: «Prima la legge di stabilità, impossibile un altro governo»

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Stannocon me dal '94 e se ne vanno ora». È un Silvio Berlusconi pimpante quello che al telefono racconta gli avvenimenti della giornata e l'incontro al Quirinale appena concluso. Quindi racconta: «Sì, in effetti ho provato anche dolore in qualche caso. E non voglio aggiungere altro». Il premier vuole voltare pagina, guardare avanti e togliersi dagli occhi quel «308, -8 traditori» segnato su un foglietto. Elenca i prossimi passi: «Bisogna approvare subito la legge di stabilità, dare al più presto un segnale ai mercati. Ha visto anche oggi gli spread? Non possiamo tenerci periodi di incertezza. Io mi auguro che la legge di stabilità, che tiene conto delle richieste dell'Europa, sia approvata con il più ampio consenso possibile». E dopo? «Dopo do le dimissioni». E dopo? «Dopo decide il presidente della Repubblica. Noi chiederemo le elezioni e non credo ci saranno altre soluzioni. Abbiamo provato ad allargare la maggioranza all'Udc ma Casini ha detto di no. Un governo del Pd non è possibile perché non si può dare il Paese in mano a chi ha perso le elezioni. Comunque è una valutazione che farà il presidente della Repubblica. Spetta a lui fare le consultazioni. E spetta a lui decidere». Va di fretta Berlusconi al telefono, non può restare molto a lungo. Seguiranno subito dopo i collegamenti con Tg5 e Tg1, ribadirà gli stessi concetti. La strada, nei desideri del Cavaliere, è segnata. A palazzo Grazioli si fissa già una data: 26 febbraio. In realtà il Quirinale, nella nota diramata subito dopo l'incontro, non adombra in nessun modo le urne. Si legge che dopo le dimissioni il Capo dello Stato «procederà alle consultazioni di rito dando la massima attenzione alle posizioni e proposte di ogni forza politica, di quelle della maggioranza risultata dalle elezioni del 2008 come di quelle di opposizione». Non avallerà ribaltoni. Comunque, dopo le dimissioni di Berlusconi la prima palla sarà giocata dal Pdl quando salirà alColle. Ma come salirà il premier al Quirinale dopo l'ok alla legge di stabilità tra un paio di settimane? Con quali numeri? Al Senato ha la maggioranza. Dovrebbero andare via Pisanu e Saro mentre il terzo del gruppo, Francesco Massidda, è stato nominato presidente dell'autorità portuale di Cagliari e dunque si dovrebbe dimettere da senatore. Inoltre il gruppo al Senato è più compatto per il lavoro dei capi Gasparri e Quagliariello. E infine è ben più difficile essere rieletti con i centristi visto che per palazzo Madama lo sbarramento è all'8% alla Camera è giusto la metà. A Montecitorio il Pdl spera ancora di recuperare i dissidenti in modo che il Cavaliere possa presentarsi almeno da vincitore e scongiurare che il Capo dello Stato possa dare il governo, anche solo per l'ordinaria amministrazione, a qualcun altro che porti il Paese al voto. In realtà da ieri sera a Montecitorio si temevano altri smottamenti, altri pezzi che vadano via. Claudio Scajola riunisce i suoi, si sonda il terreno per capire se qualcuno intende uscire dal Pdl per far vivere ancora la legislatura e farla durare sino alla scadenza naturale nel 2013. Potrebbe nascere un gruppo dei dissidenti con Sardelli, Milo, Antonione, Destro, Pittelli, Gava, Mannino e gli ex An Urso, Ronchi e il "polverino" Buonfiglio e altri. «Meglio se qualcuno se ne va ora, qualcuno in meno da candidare», commentavano ieri a palazzo Grazioli. Come Gabriella Carlucci: «Con tutto quello che ho fatto per lei è la sorella Milly», commentava ieri il premier coi suoi. La showgirl era conduttrice di Rete4 quando venne eletta deputata dieci anni fa e poi ha preteso di fare il sindaco di Margherita di Savoia. Come pure Giustina Destro, eletta prima cittadina di Padova a suo tempo. Oppure Roberto Antonione, con Forza Italia dalla nascita del partito di cui sarà anche nominato coordinatore nazionale. O Ida D'Ipppolito. «Questa vicenda mi ha insegnato tante cose», rilevava il premier ai fedelissimi. In serata Berlusconi tornava di buon umore. Nel vertice di maggioranza si esaminano le prossime tappe. Il Quirinale chiede tempi stretti, entro stasera deve essere pronto il maxiemendamento alla legge di Stabilità. Le indicazioni sono chiare: fuori tutte le parti che riguardano lo sviluppo, in arrivo nuovi tagli lineari del 13% circa. Colpita soprattutto la Difesa. L'unica preoccupazione vera per il Pdl potrebbe essere il fatto che Terzo Polo e Pd potrebbero essere molto vicina a un accordo che candidi Mario Monti premier alle elezioni, così come suggerito da Prodi qualche giorno fa. Bisogna vedere se Sel è d'accordo. Per Berlusconi sarebbero dolori.

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