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Scilipoti: "Cari dissidenti del Pdl basta interessi di bottega"

Il deputato Domenico Scilipoti

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«I dissidenti del Pdl sbagliano. Devono smettere di guardare l'interesse di bottega, piuttosto devono avere l'obiettivo di fare il bene del Paese. In questo momento non c'è un'alternativa a questo governo». Domenico Scilipoti non ci sta. Il 14 dicembre dell'anno scorso ha salvato, insieme con altri due colleghi «nominati» dal centrosinistra, il governo Berlusconi. Ora è leader del Movimento di Responsabilità Nazionale, che il 21 ottobre a Roma ha celebrato il primo congresso, e fa un appello ai berlusconiani «pentiti». Li chiamano «malpancisti», «frondisti» o, più semplicemente, «critici». Tengono col fiato sospeso la maggioranza. Quanti siano non si sa precisamente. Forse una decina. A parole crescono. Poi, quando c'è da mettere una firma sotto una lettera di protesta, quando c'è da minacciare un voto contrario a una mozione di fiducia, diminuiscono. Improvvisamente. Dal canto suo il segretario del Pdl Angelino Alfano è ottimista e derubrica i malesseri a «dialettica interna fatta da persone che hanno avuto un ruolo importante sin dalla fondazione del Pdl». Ma anche se l'ex ministro della Giustizia è convinto che «tutto si risolverà positivamente», nel partito del premier la tensione è arrivata alle stelle. Inevitabile. Ieri due deputati del partito del presidente del Consiglio sono passati all'Udc di Casini e hanno destato l'ennesimo allarme all'interno della coalizione che sostiene, faticosamente, il governo. Scilipoti guarda avanti e invita tutti a recuperare «maturità». Onorevole Scilipoti, che pensa dei dissidenti del Pdl? «In questo momento così difficile non dovrebbero esserci. Serve compattezza, anche con l'opposizione». Crede che sia possibile raggiungere un punto comune? «Fini, D'Alema, Casini, Rutelli e gli altri sono stati maggioranza per vent'anni, sono loro gli artefici del disastro. Se nel passato ci fossero stati buoni governi non ci troveremmo a questo punto». Perché non «collaborano»? «C'è pochezza politica. Agiscono con l'odio nel cuore. Per abbattere Berlusconi, cioè il nemico politico, sarebbero disposti ad abbattere l'Italia. Questo è un grave atto di irresponsabilità». Cosa direbbe invece ai dissidenti del Pdl? A quelli che hanno scritto la lettera al premier chiedendogli di allargare la maggioranza e di fare un passo indietro? «Devono mostrare più maturità. La loro lettera non fa bene al Paese ma soltanto agli speculatori, che non aspettano altro. L'Italia è in difficoltà, dunque bisogna fare squadra. Gli interessi personali devono venire dopo. Non c'è alternativa». Ma lei parlerà con i dissidenti, proverà a convincerli? «Parlo con tutti io, ma qui c'è un problema di mentalità. Se loro mettessero gli interessi del Paese al primo posto non farebbero certi discorsi. Il problema di fondo è che in Parlamento c'è confusione, quelli che dovevano essere i leader si sono rivelati soltanto mediocri: vogliono semplicemente sostituire Berlusconi».   Intanto due deputati, D'Ippolito e Bonciani, hanno lasciato il Pdl e sono andati con l'Udc. «I parlamentari sono liberi di fare le scelte che ritengono opportune. L'importante è che le facciano per il bene del Paese. Ho rispetto per tutti e gli auguro buona fortuna». Le dà fastidio che quando i deputati passano dalla maggioranza all'opposizione nessuno dice niente mentre al contrario, come è accaduto a lei e ad altri, c'è una pioggia di insulti e minacce?  «Mi rammarica parecchio. È un fatto vergognoso. Questo dimostra che ci sono persone che parlano soltanto linguaggi di parte per buttare fango su quelli che la pensano diversamente da loro». Ma cosa pensa vogliano fare i dissidenti? «Forse hanno in testa altre soluzioni rispetto a questo esecutivo. Alcuni pensano a un governo tecnico ma io non capisco proprio. Il governo guidato da Berlusconi ha vinto le elezioni ed è giusto che rimanga e cerchi di risolvere i problemi del nostro Paese».   Nei prossimi giorni arriverà in Aula il maxiemendamento del governo per rispettare il patto sottoscritto con l'Unione europea. Lo voterà? «Servirà al Paese e dunque lo voterò. In tutti questi anni mi sono regolato in questo modo. Ho scelto sempre quello che ritenevo portasse al bene del Paese. Ho fatto anche scelte difficili ma non torno indietro». Crede che ce la farà l'Italia a battere la crisi? «Sì. Anche perché in cassa abbiamo molto di più di quello che dobbiamo dare. Bastano pochi provvedimenti, anche se impopolari. Comunque il problema principale restano le banche». Lei la crisi la farebbe pagare alle banche. No?  «Devono pagare. In questi anni non si sono comportate bene nei confronti dei cittadini. Prima del '93, e anche dopo, hanno avuto atteggiamenti da usurai».   Eppure i provvedimenti che lei ha avanzato e che sono stati approvati dalla maggioranza in due ordini del giorno ancora non sono stati realizzati. «Oggi mi sono arrabbiato parecchio proprio su questo. Ho presentato un'interrogazione per sapere a che punto siamo ma in Aula non c'erano né il ministro dell'Economia né uno dei sottosegretari. A rappresentare il governo c'era Pizza. Per carità niente contro di lui ma io volevo che se ne occupasse il ministero dell'Economia». Chiedeva di far pagare le banche? «Sì ma non solo. Di sospendere i pignoramenti immobiliari e i decreti ingiuntivi e di concedere alle aziende e alle famiglie prestiti-ponte a tassi agevolati. Ma niente da fare. Non so quando il governo approverà provvedimenti di questo tipo ma non mi arrendo». Lei vorrebbe pure il condono fiscale... «Certo ma accompagnato da una riforma strutturale del sistema, anche per dare ossigeno a tante piccole imprese in difficoltà e ai cittadini. Vede, non capisco proprio perché tanti ridicolizzano il condono fiscale. Invece significa aiutare le famiglie italiane e le piccole aziende. Il condono fiscale servirebbe a sanare quelle situazioni di irregolarità che spesso impediscono di andare avanti». Vorebbe anche il condono edilizio. «Sì ma anche lì con riforme strutturali».

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