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Manovra, Tfr in busta paga e scudo bis

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Il ministro dell'Economia Giulio Tremonti nella sala stampa di Palazzo Chigi

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Il governo starebbe lavorando all'inserimento del Tfr, il trattamento di fine rapporto, direttamente nella busta paga dei lavoratori. L'ipotesi sarebbe quella di spalmare il Tfr mese per mese, con l'obiettivo di stimolare i consumi. All'indomani dall'approvazione della manovra, Umberto Bossi aveva detto: "Tremonti ha trovato un'idea sul Tfr per il raddoppio dello stipendio dei lavoratori". Parlando ad un comizio a Ponte di Legno a Ferragosto, Bossi si è rivolto ai militanti: "Avrete una bella sorpresa fra poco, una grande sorpresa. Il Tfr in busta paga, prima che scompaia anche quello. Come avere due stipendi. L'ha pensato Tremonti, che quando va a casa sua c'è sua moglie che gli rompe le balle: Guarda che qui c'è la gente sempre più povera. Devi fare qualcosa. E qualcosa ha trovato". Sindacati divisi I sindacati, però, non sono tutti d'accordo. "Non può essere una manovra economica a decidere come e se spalmare il Tfr, che rappresenta un patrimonio per ogni lavoratore e come tale deve essere preservato con l'attuale sistema di erogazione" dichiara Giovanni Centrella, segretario generale dell'Ugl. L'intervento a cui sta lavorando il Tesoro, appunto, sarebbe un incremento mese per mese in busta paga pari all'accantonamento mesile per la liquidazione, una fetta pari a circa il 7% dello stipendio lordo. In sostanza, sarebbe come avere uno stipendio in più ogni anno, una sorta di quattordicesima (per chi non ce l'ha) o una "quindicesima".   La ratio del provvedimento è quella di portare più liquidità alle famiglie per provare a stimolare consumi e crescita. Il Tfr - un unicum nel trattamento previdenziale del mondo occidentale - perderebbe così la sua funzione diventando una voce del salario. Dal 2007, secondo quanto stabilito dal governo Prodi, ministro era Tommaso Padoa- Schioppa, sta ai lavoratori scegliere se destinare l'accantonamento del Tfr all'Inps (all'azienda, se sotto i 50 dipendenti), per vedersi erogata la liquidazione al momento della cessazione dal servizio, o a fondi pensione, e costituirsi così un secondo trattamento pensionistico, da affiancare a quello obbligatorio. Se la proposta verrà approvata, accanto al "secondo pilastro" previdenziale, per garantire agli anziani di domani pensioni di importo adeguato, se ne costruirebbe un terzo: non solo edificare per la vecchiaia, ma puntellare il presente. Rimangono diverse questioni da approfondire. Chiarire, per esempio, se convenga spalmare in busta paga l'accantonamento o concentrarlo in un'unica soluzione. Va quindi studiato il modo per non far pesare troppo la scelta sulle aziende sotto i 50 dipendenti, togliendo liquidità su cui le piccole imprese fanno gran affidamento. La soluzione ventilata - quindi -potrebbe essere un accordo con l'Abi o la Cassa Depositi Prestiti per fornire i mezzi necessari. Se questa è ancora una soluzione allo studio, emergono i dettagli e i saldi della manovra dalla relazione tecnica allegata.   Colpiti 19 mila statali Saranno 19 mila gli statali che, scegliendo il pensionamento anticipato nel 2012, per avere piena disponibilità di quel "tesoretto" accumulato in una vita dovranno aspettare due anni in più. Mentre tra i 16.500 e i 35 mila i pubblici dipendenti che maturano l'età per la pensione di vecchiaia - secondo quanto previsto nella manovra bis-attenderanno sei mesi per la liquidazione. Nel 2013 a raggiungere le soglie di pensionamento saranno in meno, "per effetto dell'innalzamento dei requisiti previsti, per ritornare a livelli attorno ai 21 mila/22 mila nel 2014". Secondo i calcoli riportati, se l'importo medio complessivo della liquidazione è pari a circa 63 mila euro (considerando i diversi comparti), per le cifre di cui sopra, si otterranno risparmi in termini di indebitamento netto pari a 330 milioni di euro nel 2012, un miliardo nel 2013, 723 milioni nel 2014, 307 milioni nel 2015. Ipotesi scudo bis Avanzata dal Pd, l'ipotesi di tassare i capitali regolarizzati con lo scudo fiscale è in corso di valutazione: potrebbe essere un prelievo dell'1-2%, o salire fino al 5%. Dunque un nuovo scudo fiscale per fare rientrare i capitali rimasti all'estero è una delle ipotesi che, secondo fonti della maggioranza, si starebbe valutando. L'idea sarebbe quella di sfruttare la tobin tax europea che potrebbe rendere più difficile l'anonimato degli evasori. In salita invece la strada per il prelievo sui capitali già scudati, come anche divisioni ci sarebbero sull'ipotesi, lanciata dalla Lega, di spalmare il Tfr sulle buste paga. L'idea del prelievo aggiuntivo sui capitali già scudati, come continua a chiedere l'opposizione (e su questo il 15 settembre Adusbef e Federconsumatori hanno anche annunciato una 'marcia degli onestì), sembra di non facile attuazione. Se al ministero dell'Economia rilevano che cambiare in corsa le regole significa da una parte essere poco credibili e dall'altra rischiare l'incostituzionalità, emergerebbero in ogni caso difficoltà tecniche. Una tassa sui capitali scudati "è di difficile applicazione", fa presente il sottosegretario all'Economia, Alberto Giorgetti. Le difficoltà ci sono perché c'era la garanzia "dell'anonimato". C'è poi da aggiungere che una mini-aliquota dell'1-2% di fatto non sarebbe considerata dall'opposizione una vera apertura alla loro proposta. Il responsabile economico del Pd Stefano Fassina oggi l'ha definita "risibile" tornando a chiedere una tassazione al 15%. Ma con un'operazione scudo-bis questa opzione verrebbe messa da parte.

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