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"Niente primarie su Berlusconi"

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Il capogruppo del Pdl alla Camera Fabrizio Cicchitto

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Berlusconi non si tocca. Fabrizio Cicchitto a due giorni dall'adunata dei «Servi liberi e forti» promossa da Giuliano Ferrara, alza la voce. Non ci sta a mettere in discussione la leadership del proprio «capo» e così, inviando proprio al direttore del Foglio «una riflessione», torna a parlare di primarie e di successione nel Pdl. E così, dopo un prologo riservato a denigrare il consueto «attacco mediatico-giudiziari» che ha «come ispiratore Carlo de Benedetti», «come protagoniste alcune procure» ed «è gestito oggi da Repubblica, dal Fatto e da alcuni talk show», il capogruppo alla Camera del Pdl detta la strategia. «Sono d'accordo - inizia Cicchitto - sul fatto che la straordinaria vicenda di Berlusconi non è finita e che Berlusconi stesso deve trovare le occasioni per riproporre il suo messaggio», però, continua, «francamente non credo sia adatto lo strumento delle primarie ad ottobre sulla leadership del centro-destra. Nel centro-destra Berlusconi non ha un rivale, per cui finirebbe col fare le primarie da solo o contro se stesso». Poche righe che racchiudono tutta l'essenza di quello che il deputato pidielle spiegherà poco dopo. Consigli che Cicchitto rivolge direttamente al neonominato segretario del partito Angelino Alfano al quale per prima cosa ricorda l'obiettivo del suo incarico («cambiare un partito verticista in un partito aperto, democratico, radicato») e poi elenca una serie di punti dai quali ripartire per avviare le «procedure democratiche»: «Dobbiamo procedere a primarie regolamentate (iscrizione ad un registro in un tempo prefissato) per l'indicazione delle cariche amministrative. Invece per l'elezione degli organismi dirigenti del Pdl si deve procedere con dei congressi, nei quali deve esserci un aperto dibattito e poi l'elezione fatta con un 50% da parte degli iscritti e per un 50% da parte degli eletti». Una mediazione che potrebbe portare maggiore partecipazione all'interno del Pdl senza però affidare ai soli iscritti la completa selezione della classe dirigente del partito. «Tutto ciò però non è sufficiente - conclude Cicchitto -. Bisogna riacquisire la dimensione politico-culturale e sociale del partito». Per il capogruppo, infatti, «il nodo vero è il Governo. Il voto negativo del Nord è eloquente. La politica del rigore ha salvato l'Italia, ma ha anche avuto ricadute elettorali. La partita si gioca sulla possibilità di trovare risorse, all'interno di una politica di rigore, funzionali ad una riduzione della pressione fiscale. Sono sorpreso dagli stereotipi mediatici. Non considero Tremonti una controparte, ma una personalità decisiva». Primarie che piacciono sempre di più anche al ministro della Gioventù Giorgia Meloni. E così, proprio lei che ha fatto della meritocrazia un cavallo di battaglia, spiega: «Sono favorevole alle primarie per selezionare i candidati alle Amministrative. Allo stesso modo - conclude - sono per coinvolgere la base a livello locale attraverso congressi aperti agli iscritti con tessera a un euro». Intanto, però, mentre i vertici del Pdl si interrogano su quale sia la strada migliore per rilanciare il partito, c'è chi, come il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Gianfranco Micciché non intende fare marcia indietro annunciando la formazione di «un grande partito del Sud» con l'obiettivo di contrastare lo strapotere della Lega e prepararsi alle prossime politiche, quando si potranno presentare liste uniche. Un abbandono per ora solo minacciato dato che, in vista della verifica di fine giugno, nessuno lascerà la maggioranza per garantire il massimo sostegno al traballante governo Berlusconi. Eppure le minacce di Micciché sono suonate come un campanello d'allarme per il sindaco di Roma, Gianni Alemanno, che ha letto l'accaduto come l'ennesima dimostrazione che il Pdl ha «bisogno di strumenti nuovi di aggregazione come le primarie e un grande congresso di riaggregazione di tutte le forze che sono uscite dal partito».

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