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Il Pdl è già in analisi

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Ballottaggi, Silvio Berlusconi vota a Milano

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Ancora non sono chiuse le urne e nel Pdl già si litiga. Anche in questo il partito del premier ha stabilito un nuovo primato strabiliante. La resa dei conti quando ancora manca il dato più importante: il responso degli elettori. All'interno del principale partito è già iniziato lo scontro tra le varie anime. Già, le correnti. Quante sono? Sostanzialmente i gruppi possono essere divisi in tre principali. Quelli di Liberamente, che fanno capo a Frattini e Gelmini, il gruppo Cicchitto-Verdini, gli ex An, in particolare quelli di La Russa e Gasparri (Alemanno, con la sua quindicina di deputati, e Matteoli, che ne ha una decina, lavorano un po' in proprio per arginare le truppe del ministro della Difesa). Anche se a parole tutti si danno ragione, sotto traccia si scontrano due filosofie opposte sul futuro del partito. Frattini, che può contare su 60-70 deputati, immagina un Pdl leggero sul modello della prima Forza Italia. Un movimento di opinione liberale e di massa. Cicchitto, Verdini e La Russa (in tutto si avvicinano ai cento deputati) invece vogliono un Pdl strutturato sul territorio e per questo hanno chiesto e ottenuto il tesseramento, preludio ai congressi locali e forse (ma molto forse) al congresso nazionale. Una partita tutta sua la sta giocando Claudio Scajola, che comunque può contare su una ventina-trentina di deputati, che ha stretto un accordo con Frattini ma è un sostenitore del partito pesante vecchia maniera. Questi gli schieramenti in campo quando Franco Frattini dà fuoco alle polveri. In un'intervista al Corriere della Sera il ministro degli Esteri chiede di creare subito un «organismo di collegamento», lo si chiami «segreteria politica», «coordinamento», per rappresentare tutte le anime del Pdl, «quelle aree che non vogliono essere chiamate correnti ma che pure - come Liberamente, la fondazione di Scajola, i ciellini vicini a Formigoni, la componente del sindaco di Roma - in ogni caso ormai si riuniscono, discutono, si organizzano». Il tutto, insiste Frattini, perché si rischia «la balcanizzazione» del Pdl che «non giova a nessuno». Tradotto: ex An e Verdini, che hanno truppe sul territorio, si pigliano il partito con le tessere. Subito gli risponde Ignazio La Russa che invita tutti ad affrontare la questione in «modo unitario»: «Quello che dice Frattini lo capisco, ma non sono d'accordo sul fare dei nomi o accreditare dei contrasti che non esistono». Per La Russa «è giusto aprire una riflessione ma l'importante è andare tutti nella stessa direzione». Il coordinatore del Pdl ricorda che domani ci sarà una riunione dell'ufficio di presidenza del Pdl e quella sarà la sede dove poter iniziare ad affrontare la "riflessione". Dati delle amministrative alla mano. Gli giunge in soccorso Maurizio Gasparri: «Ogni cosa a suo tempo. Chi ha esperienza politica lo sa e sa anche che i problemi non si affrontano con le interviste. Quando sarà il momento discuteremo e metteremo a frutto le varie energie interne». Altero Matteoli si spinge oltre: «Dopo le amministrative è necessario avviare la fase dei congressi comunali e provinciali per eleggere i vertici locali, superando così la formula ragionieristica del 70/30 che, inevitabile nel momento della nascita del Pdl, impedisce ora al partito di esprimere tutta la sua forza e di crescere attraverso un'azione di inclusione ed apertura alle varie sensibilità ed aree politiche di centrodestra presenti nel Paese». Osvaldo Napoli, vice di Cicchitto, avverte: «Sono d'accordo con il ministro Frattini sulla necessità di evitare al partito il rischio di una balcanizzazione. Osservo però che i problemi del Pdl sono di natura politica e programmatica e le soluzioni vanno trovate su questi terreni. Il direttorio sa tanto dei vecchi "caminetti" Dc». Mai parlare di democristiani e soprattutto soluzioni democristiane senza interpellare Gianfranco Rotondi. Che infatti subito ammonisce: «Sono stato il segretario dell'ultima Dc presente in Parlamento e, fatta questa premessa, il Pdl non è la Dc. Non servono nè le correnti nè gli organismi che le riassumono». Frattini lasciato solo? No, ecco sopraggiungere Isabella Bertolini: «Qualsiasi sollecitazione ad avere un Pdl capace di essere quel soggetto politico che interpreta al meglio i valori, i sentimenti, le passioni e gli interessi della maggioranza degli Italiani è bene accetto. Penso che la proposta lanciata dal ministro Frattini vada in questa direzione. La stessa cosa vale anche per l'azione del governo, che deve trovare nella battaglia per la liberazione dei cittadini dall'oppressione fiscale e burocratica dei punti fermi irrinunciabili». E Berlusconi? Rimane due giorni a villa Certosa, in Sardegna. Solo nel tardo pomeriggio vola alla volta di Milano per andare al seggio a votare. Centellina le telefonate e i contatti. Chi riesce a parlarci lo trova giù di corda, sfiduciato, affranto. Un uomo che ormai non ha grandi speranze di vincere a Milano e Napoli. Che dà per persa anche Cagliari. Ma con la coscienza a posto: «Mi sono messo a disposizione del partito. Ho fatto tutto ciò che potevo». Che ripete tutto sommato che la scelta dei candidati è stata sbagliata. E che cosa pensa di fare? Nessuno in realtà lo riesce a decifrare. Bisogna attendere i risultati effettivi, che ancora possono riservare delle sorprese. Per esempio da Napoli dove l'affluenza in media è stata bassa: alle 19 sette punti in meno rispetto al primo turno. Ma se è stata bassa nei quartieri in cui è andato forte Lettieri (Scampìa -9.5%; Secondigliano -8.8%, Chiaiano -7.3%). Ancora peggiore la situazione per il suo rivale. Drasticamente in calo l'affluenza al Vomero, il quartiere di de Magistris: quasi dieci punti in meno. E scendono i votanti anche nelle zone tradizionalmente rosse: Ponticelli (-9.2%) tanto per citare un caso. Il punto casomai è che al Vomero comunque avevano votato fino a ieri pomeriggio 21mila persone e a Scampìa soltanto 15mila. Carte da decifrare, canterebbe Ivano Fossati. Come pure un certo e moderato ottimismo aveva risollevato gli animi nel Pdl quando è arrivato il risultato di Milano, con addirittura una crescita generale dell'affluenza alle urne di tre punti percentuali; diventato poi un calo in serata. Bisogna attendere ancora qualche ora. Quel che è sicuro è che il Cavaliere partirà stamattina alla volta di Bucarest per un incontro bilaterale. Vedrà i vertici del suo partito solo domani sera. Se i risultati elettorali dovessero rivelare una debacle è altamente probabile che ai suoi si presenterà con la rivoluzione in tasca. Addio triumvirato e largo al coordinatore unico. Si scalda Angelino Alfano, il prescelto. Moderato, giovane, asse forte con Maurizio Lupi e con Comunione e Liberazione al Nord, l'attuale Guardasigilli non sarebbe sgradito a quelli di Liberamente visto che ne ha seguito i primi passi quando fu costituita come componente. Poi venne invitato a sfilarsi proprio per non farlo schierare e tenerlo pronto per la leadership di tutto il Pdl. Potrebbe essere affiancato da un coordinatore vicario, Giorgia Meloni, che rassicurerebbe l'anima di An. Berlusconi sembra anche intenzionato ad andare fino in fondo sul piano locale, cambiando alcuni coordinatori. Si parla ancora della sostituzione di Nicola Cosentino in Campania. Anche se su questo punto lo stesso Cavaliere ha preferito glissare. Nel Pdl tuttavia sembrano tutti persuasi che sia arrivata la necessità di un cambio. Magari ci sono divergenze sui passi successivi, in che direzione andare, quale sia la soluzione migliore. Ma sul fatto che si debba cambiare marcia non paiono esserci dubbi. Semmai le perplessità s'annidano proprio sul leader. Sarà Silvio Berlusconi capace di fare un nuovo predellino?

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