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Sfiducia a Bondi per far «crollare» il Cav

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SandroBondi fa finta di avere di fronte un'opposizione ragionevole, ci prova: «Se avessi responsabilità per ciò che è accaduto sarebbe giusto chiedere le mie dimissioni, anzi le avrei date io. Se invece facciamo prevalere serietà, obiettività e misura, allora sarebbe giusto riconoscere che i problemi di Pompei come le situazioni in cui versa il patrimonio artistico si trascinano da decenni senza che nessuno sia riuscito a risolverli», esordisce il ministro dei Beni culturali che tenta di spiegare che la mancanza di fondi non c'entra, che non c'era un allarme crollo e che un episodio non può cancellare i risultati del lavoro fatto in due anni. Inutile dire che è tutto inutile. Dall'opposizione parte il linciaggio. Esplicito Bersani: «Esistono delle precise responsabilità del ministro, credo che farebbe bene a trarre le conseguenze». Diplomatico - anche in questo caso, perché di fatto comunque di «biscottone» al governo si sta parlando - Casini: «Concerteremo con gli altri partiti di opposizione e con Fli i comportamenti più utili». Già, Fli. Fabio Granata si lascia scappare che «un passo indietro» di Bondi «sarebbe ben accetto». Il ministro non ci sta: «Non so cosa intenda, il confronto alla Camera è stato civile. Le mie ragioni sono state comprese, anche se magari non condivise». Si illude. Arriva la mozione di sfiducia, presentata dal Pd. Il Pdl è incredulo. «Tra poco le opposizioni, vecchie e nuove, arriveranno all'assurdo, chiedendo, con il clima che si respira in queste ore alla Camera, la crocifissione del ministro Bondi innanzi alla città di Pompei», afferma Amedeo Laboccetta. «Non riuscendo a far crollare il governo Berlusconi le opposizioni si aggrappano al crollo di Pompei per tentare l'ennesima spallata. Che tristezza! L'opposizione non era mai crollata così in basso», spiega. Di fatto la mozione di sfiducia a Bondi potrà decretare la crisi dell'esecutivo. Non bastasse ci si è messo anche Walter Veltroni. Da lui avevamo sentito di tutto. Ma che il crollo della Domus dei Gladiatori rappresenti «una metafora» e indichi «la fine di un ciclo», quello del governo...bè forse è davvero troppo. Al compagno Walter bisognerebbe ricordare che il problema dei crolli ha riguardato anche la «sua» Roma. Le mura Aureliane sono state colpite più volte. Ironia della sorte vuole che un tratto di mura alto dieci metri e largo quindici (lungo viale Pretoriano nel quartiere San Lorenzo) si sia letteralmente sbriciolato il primo novembre del 2007, quando sindaco della Capitale era l'ex segretario del Pd e ministro dei Beni culturali dell'allora governo Prodi era - udite, udite - Francesco Rutelli. In quell'occasione Veltroni non solonon chiese le dimissioni di nessuno, ma - e, col senno di poi, è forse questo il fatto più grave - non seppe nemmeno interpretare la «metafora». Na. Pie.

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