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Il Cavaliere: si dimetta lui

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Il Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi

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«Vado avanti. Una sola cosa è sicura, vado avanti. E se davvero pensano di farmi cadere poi lo dovranno spiegare agli italiani». Silvio Berlusconi ha appena finito di ascoltare il discorso di Fini in tv quando prova a radunare le idee, parla al telefono con pochi fedelissimi. Qualcuno era stato pre-allertato nella mattina, si stava preparando una nuova battaglia. E così è stato. Anzitutto il premier si è riascoltato il manifesto di Fli recitato il giorno prima da Luca Barbareschi che si è pure commosso nel passaggio sulla valorizzazione delle imprese. «Quel manifesto non dice nulla di nuovo», sentenzia il Cavaliere, che ricorda invece il discorso della sua discesa in campo: «Quella dei finiani è demagogia, noi proponevamo e proproniamo cose concrete». Bocciato anche il nuovo programma proposto da Fini. «Lo ascoltavo e pensavo, ma da dove viene questo? Da Marte», si sfoga il Cav al telefono con i fedelissimi. E aggiunge: «Sembrava che negli ultimi 16 anni fosse stato altrove». Naturalmente il passaggio che ha fatto infuriare il premier è stato quello in cui il presidente della Camera ha chiesto le sue dimissioni: «Ma dia lui l'esempio e si dimetta dalla presidenza della Camera». E infatti l'argomento del "si dimetta lui piuttosto" viene utilizzato anche da due esponenti molto vicine al premier come la ministra Michela Brambilla e l'eurodeputata Licia Ronzulli. Berlusconi si è mostrato scettico persino con coloro che gli hanno suggerito di cogliere gli aspetti positivi del discorso del leader di Futuro e Libertà. E per esempio il rilancio per un patto di legislatura su presupposti accettabili per il premier: «Ma quali patti. I patti si possono fare con chi è leale e non mi pare si possa dire di Fini». La preoccupazione del presidente del Consiglio è che comunque qualunque accordo venga disdetto e cancellato nel giro di qualche ora. «Appena a fine settembre i finiani hanno votato la fiducia al governo e ora chiedono le dimissioni di Berlusconi. Ma come si fa a fare accordi con quelli là», dice un uomo molto vicino al Cavaliere. Il pensiero vola anche al ddl intercettazioni, che venne votato al Senato dai finiani dopo un'intesa che poi venne rimessa in discussione alla Camera dopo un vertice di partito dove gli stessi uomoini del presidente della Camera, allora ancora nel Pdl, avevano dato il loro assenso al testo voluto da Berlusconi. E allora? Ora che succede? Se il capo del governo rispedisce al mittente le richieste del principale inquilino di Montecitorio, che accade adesso? Berlusconi pensa di andare avanti. Avanti con i cinque punti del programma e vedere anzitutto se gli esponenti di Fli davvero usciranno dal governo. E soprattutto se avranno davvero il coraggio di far cadere l'esecutivo. Il Cavaliere vuol far ricadere su di loro ogni responsabilità della crisi, in modo da additarli all'elettorato come i traditori. Ma soprattutto la caduta del governo per mano dei futuristi consentirebbe di utilizzare un argomento molto valido nei confronti del presidente della Repubblica: è stato violato il mandato elettorale e dunque bisogna tornare dal popolo. Comunque, sono passi di là da venire. Quel che conta è andare avanti. E gli stessi capigruppo del Pdl, Fabrizio Cicchitto e Maurizio Gasparri, usano glii argomenti usati dal premier a caldo. «In Parlamento il governo Berlusconi ha ottenuto un'ampia fiducia poche settimane fa - si legge in una nota congiunta Cicchitto-Gasparri - sulla base di una concreta ed articolata proposta, coerente con il programma della coalizione di centrodestra votato dalla maggioranza degli italiani. Dopo quel voto sono state avviate iniziative legislative e politiche sul federalismo fiscale, sulla sicurezza, sulla riforma del fisco, sulla giustizia, sullo sviluppo. Altre, come quella per il Sud, sono in via di definizione, secondo il programma annunciato dal governo. È inoltre all'esame del Parlamento il Bilancio dello Stato, mentre l'esecutivo ha indicato una serie di obiettivi coerenti con l'agenda europea». Si ricorda che Berlusconi aveva riconosciuto l'esistenza di Fli e ne aveva chiesto e ottenuto il voto di fiducia. «Non è quindi accettabile - insistono i capigruppo - la richiesta di dimissioni del governo dopo un voto di fiducia il cui rilievo politico è stato chiaro a tutto il Paese. È quindi il Parlamento il luogo dove ciscuno deve assumersi le proprie responsabilità». Poi c'è un richiamo a Fini. Il suo viene giudicato un «rito improprio», «che soprattutto chi ha ruoli istituzionali non dovrebbe invocare». La sfida tra i due è iniziata. La palla, almeno secondo Berlusconi, torna nel campo di Fini. Lui, il premier, continuerà ad andare dritto per la sua strada. Realizzando cose, attuando il programma. E domani torna a L'Aquila.

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