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Quell'immersione galeotta a Giannutri

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seguedalla prima di FRANCESCO DAMATO (...) i moralisti rimangono spesso appesi al cappio invocato per i loro avversari. Il vecchio Pietro Nenni, la cui onestà era proverbiale, ammoniva giustamente che c'è sempre uno più puro di te che ti epura. No, tranquilli. Non voglio rivangare il tormentone della casa di Montecarlo sfuggita di mano, diciamo così, al presidente della Camera passando dalla disponibilità del suo ex partito, che l'aveva ricevuta in eredità da una sfortunata elettrice, a quella di suo cognato. Le cronache rigorosamente giudiziarie, che molti finiani seguono da qualche tempo con grande attenzione e rispetto, specie quando riguardano il Cavaliere e i suoi amici, ci consentono oggi di passare dall'edilizia alla nautica, da una casa ad una barca. Che non è la "barchetta" riduttivamente citata ieri mattina alla Prima pagina radiofonica dalla direttrice dell'Unità. È l'impegnativa e attrezzatissima barca dei Vigili del Fuoco messa a disposizione di Fini il 26 agosto di due anni fa per consentirgli di fare un po' di immersioni, insieme con la compagna Elisabetta Tulliani, nelle acque vietate di Giannutri. Dove quei rompiscatole di Legambiente scattarono foto indiscrete. Scoppiò un caso dal quale Fini, fresco di elezione alla terza carica dello Stato, cercò di uscire subito conciliando due multe di 206 euro l'una, per sé e per la compagna. E sostenendo di non essere stato al corrente, al pari evidentemente dei Vigili del Fuoco, dei "confini" precisi del parco marino precluso ai sub. Ma sopraggiunsero altri rompiscatole, quelli di Codacons, che obbligarono la Procura di Grosseto ad aprire un'indagine. Intanto il solito Antonio Di Pietro protestava contro lo sperpero dei mezzi dei pompieri per garantire la sicurezza dei "bagnetti" alla famiglia Fini. L'inchiesta richiese un po' più di tempo di quello impiegato recentemente dalla Procura di Roma per fare imboccare alla vicenda di Montecarlo la strada dell'archiviazione. Che per il caso di Giannutri fu alla fine concessa dal competente giudice di Grosseto. Ma la decisione, contestata dal coordinamento delle associazioni dei consumatori, è stata annullata il mese scorso dalla Cassazione. Si è imposta pertanto la riapertura del procedimento. Poiché non sono, per fortuna, né moralista né giustizialista, auguro sinceramente a Fini di vedersi confermata l'archiviazione, o di ottenere l'assoluzione se si arriverà a un processo. Ma mi chiedo se e quanto grande sia la differenza tra l'inopportunità di quelle immersioni protette dai pompieri nelle acque vietate di Giannutri e l'inopportunità di quella telefonata di Berlusconi alla Questura ambrosiana che tanto ha turbato Fini nei giorni scorsi. E che servì a fare adottare nei riguardi di una minorenne procedure e misure risultate poi regolari alla pur esigentissima Procura della Repubblica di Milano. Mi chiedo infine, su un piano più strettamente politico, che differenza ci sia tra il "cesarismo" rimproverato da Fini a Berlusconi nella guida del Pdl e la decisione ch'egli ha appena preso di mettere il proprio nome a carattere di scatola nel simbolo del suo nuovissimo partito. Che la carica e il ruolo di presidente della Camera non gli hanno impedito o solo sconsigliato di organizzare e di portare in sala parto fra qualche giorno in Umbria.

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