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Pontone si dimette e inguaia Fini

Franco Pontone

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Franco Pontone se ne va. Rotolano le teste dei finiani: ridimensionata l'esperta giuridica Giulia Bongiorno, sarà affiancata da Giuseppe Consolo. Si vedrà. Quel che è sicuro è che Pontone lascia la presidenza del comitato di gestione di An. Se ne va. Anzi, ad essere più precisi: sbatte la porta. Precipita così la situazione dentro la destra dopo il caso dell'appartamento di Montecarlo. Il senatore, infatti, è l'ex tesoriere del partito ed è colui che vola nel luglio del 2008 nel Principato, dal notaio Aureglia, e firma l'atto di vendita della casa ricevuta in eredità della contessa Anna Maria Colleoni a favore di una società con sede in un paradiso fiscale caraibico. Quello che è accaduto ieri è l'apice di una vicenda complicata ma senz'altro storica per la destra italiana. Dunque Pontone, senatore e galantuomo napoletano, è il presidente del comitato di gestione dell'associazione nata dalle ceneri del partito di via della Scrofa. Il comitato è composto da tre membri ed è a maggioranza finiana: oltre a Pontone c'è Rita Marino, segretaria particolare di Fini, i berlusconiani sono rappresentati dal larussiano Giuseppe Catanzaro. Il comitato dei garanti, invece, una sorta di parlamentino interno, è a maggioranza pidiellina: sei berlusconiani e tre finiani. I garanti chiedono una riunione per ottenere dall'allora segretario amministrativo e attuale presidente del comitato di gestione una relazione dettagliata sulla vendita di Montecarlo. Ma il senatore partenopeo non intende farsi processare dai berlusconiani. E allo stesso tempo non si è sentito difeso da Fini. Vorrebbe lasciare. Lasciare tutto. Il comitato e anche il gruppo di Futuro e Libertà al Senato. La sua partecipazione, peraltro, è fondamentale perché il suo eventuale abbandono farebbe decadere il numero minimo di membri (10) per formare un gruppo a Palazzo Madama. Proprio oggi in calendario c'era l'elezione del capogruppo, Pasquale Viespoli, che attende l'incoronazione per dimettersi da sottosegretario al Lavoro. Una giornata di consultazioni. Frenetiche. Pontone resta nel suo ufficio, parla a telefono con Maurizio Gasparri, capogruppo del Pdl. Ripete che non ha deciso che fare, potrebbe lasciare il gruppo dei finiani ma certamente non tornerà nel Pdl, andrà nel Misto. Lo chiama Viespoli. Gli chiede di non mollare altrimenti i finiani rischiano di sparire. A metà pomeriggio Pontone lascia il suo ufficio, decide che non si presenterà alla riunione del comitato dei garanti previsto in serata, sale nella macchina di un collaboratore. Da Gasparri c'è un vertice. Si vedono il capogruppo pidiellino al Senato, Ignazio La Russa, Gianni Alemanno. Non c'è Altero Matteoli, impegnato in un convegno della sua fondazione, viene sostituito da Marco Martinelli: ci sono anche gli altri garanti della componente pidiellina. Si decide per la linea soft, non premere su Pontone, non imbastire un processo contro di lui per sperare di ottenere il risultato più importante: sfilarlo a Fli. Nelle stesse ore i finiani premono sull'ex tesoriere perché non vada alla riunione, non si dimetta e non cada nella trappola dei berluscones. Alla riunione delle 20 in via della Scrofa, il senatore non si presenta. Passa un quarto d'ora e si decide di mandare la riunione deserta. Ma alla porta suona Pontone e tra lo stupore generale consegna una lettera di dimissioni irrevocabili. Con lui si dimette anche il larussiano Catanzaro. Solo l'alemanniano Biava chiede di «riconsiderare» tutto ma Pontone spiega che abbandona per motivi indipendenti ai recenti fatti monegaschi ma solo per questioni personali. E detta le condizioni per un'eventuale ripensamento: tutti i beni dell'associazione dovrebbero passare a una nuova fondazione, declino di ogni responsabilità dalla gestione delSecolo, immunità sull'amministrazione contabile degli anni passati. Per paura che sbatta la porta anche al gruppo la riunione di oggi è saltata. I senatori finiani si rivedranno martedì della prossima settimana.

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